Ayatollah Ali Khamenei è una delle figure politiche e religiose più influenti dell’Iran contemporaneo. Succeduto all’Ayatollah Ruhollah Khomeini nel 1989, è la Guida Suprema della Repubblica Islamica da oltre trent’anni. La sua leadership ha attraversato decenni di trasformazioni interne, crisi internazionali e mutamenti sociali.

Le origini e la formazione religiosa
Ali Hosseini Khamenei nasce il 19 aprile 1939 a Mashhad, nel nord-est dell’Iran, in una famiglia religiosa di origine azera. Il padre, Ayatollah Javad Khamenei, era un religioso sciita di discreta fama. Fin da giovane, Ali Khamenei intraprende studi religiosi, prima nella sua città natale e poi in importanti centri teologici come Najaf, in Iraq, e Qom, in Iran. A Qom diventa allievo di due figure centrali dell’islam sciita: Ayatollah Hossein Borujerdi e, soprattutto, Ayatollah Ruhollah Khomeini.
Negli anni ‘60 e ‘70 partecipa attivamente all’opposizione contro lo Scià Mohammad Reza Pahlavi, promuovendo una visione islamica della politica. Per queste attività viene più volte arrestato dalla polizia segreta del regime, la temuta SAVAK, e subisce periodi di detenzione e tortura.
Dalla rivoluzione del 1979 al potere politico
Con la rivoluzione islamica del 1979 e il ritorno di Khomeini dall’esilio, Khamenei assume ruoli chiave nella neonata Repubblica Islamica. Diventa membro del Consiglio della Rivoluzione, vice ministro della Difesa e guida delle preghiere del venerdì a Teheran, una posizione di grande visibilità politica.
Nel 1981 sopravvive a un grave attentato mentre stava parlando in una moschea: un ordigno nascosto in un registratore esplode, ferendolo gravemente e lasciandolo con una paralisi permanente al braccio destro. Quell’anno, in seguito all’uccisione del presidente Mohammad Ali Raja’i e del primo ministro Mohammad Javad Bahonar, si candida alla presidenza della Repubblica. Viene eletto con un consenso quasi unanime, sostenuto anche da rivali politici. Durante i suoi due mandati (1981-1989), affronta gli anni più duri della guerra Iran-Iraq (1980-1988), un conflitto che provoca oltre un milione di vittime.
Nel suo discorso all’ONU nel 1987, Khamenei critica apertamente la presenza statunitense in Medio Oriente, sottolineando l’importanza dell’indipendenza dei Paesi in via di sviluppo come strategia di resistenza.

La nomina a Guida Suprema
Il 3 giugno 1989, alla morte di Khomeini, la guida della Repubblica Islamica passa a Khamenei, nonostante alcuni religiosi considerassero la sua formazione teologica non sufficiente per l’incarico. In quel momento era un hojatoleslam, un grado intermedio nella gerarchia sciita, inferiore a quello di ayatollah. Lui stesso, nel discorso di accettazione, si definisce “un modesto studente di seminario”.
Per superare questo ostacolo, l’Assemblea degli Esperti modifica la Costituzione: non è più indispensabile avere i massimi titoli religiosi, ma è sufficiente possedere una profonda conoscenza della situazione contemporanea. Questo cambiamento apre la strada alla nomina di Khamenei come nuova Guida Suprema, la carica più alta del sistema politico iraniano, che controlla le forze armate, la magistratura e la politica estera, e ha l’ultima parola su tutte le decisioni chiave.

Relazioni interne e riformismo
Durante gli anni ’90, Khamenei si trova a gestire un Paese attraversato da richieste di riforme, in particolare da parte dei giovani e delle donne. L’elezione del riformista Mohammad Khatami nel 1997 segna un momento di apertura, ma Khamenei assume una posizione di equilibrio tra riformismo e conservatorismo, cercando di contenere i cambiamenti troppo rapidi e di salvaguardare l’ideologia della Repubblica Islamica.
Durante la presidenza di Mahmoud Ahmadinejad (2005-2013), considerato un conservatore vicino alla Guida Suprema, emergono nuove tensioni, in particolare con le proteste del 2009. La contestata rielezione di Ahmadinejad genera il Movimento Verde, che porta migliaia di iraniani in piazza chiedendo maggiore trasparenza e libertà. Le manifestazioni vengono represse, ma segnano una svolta nel rapporto tra società civile e istituzioni religiose.
Proteste recenti e risposta del governo
Khamenei ha continuato a gestire periodi di disordini interni. Le proteste del 2017 e del 2019 sono legate soprattutto alle difficoltà economiche, ma quelle del 2022 rappresentano una sfida ancora più diretta. Dopo la morte di Mahsa Amini, arrestata per presunta violazione del codice di abbigliamento islamico, manifestazioni si diffondono in tutto il Paese. Alcuni slogan prendono di mira direttamente la Guida Suprema.
Khamenei ha risposto accusando forze straniere di fomentare il dissenso. In un discorso di ottobre 2022 afferma che la questione non riguarda solo il velo o i diritti individuali, ma la “resistenza dell’Iran islamico contro i nemici”.
Il dossier nucleare e i rapporti con gli USA
Un altro aspetto fondamentale della sua guida è stato il programma nucleare iraniano. Dopo anni di negoziati, nel 2015 l’Iran firma con le potenze mondiali il JCPOA, che limita l’arricchimento dell’uranio in cambio dell’alleggerimento delle sanzioni.
Khamenei appoggia il processo, pur mantenendo una linea prudente. Parla di “flessibilità eroica” ma sottolinea più volte la necessità di non fidarsi degli Stati Uniti. Quando il presidente Trump decide di uscire dall’accordo nel 2018, Khamenei lo considera una conferma della scarsa affidabilità di Washington.
I negoziati per ripristinare l’intesa sono proseguiti con alti e bassi, ma dal 2022 sono sostanzialmente bloccati.

Il ruolo regionale e l’“Asse della Resistenza”
Khamenei ha promosso una visione geopolitica in cui l’Iran si propone come centro di un’alleanza regionale contraria alla presenza militare statunitense. Questo schieramento, noto come “Asse della Resistenza”, include Siria, Hezbollah in Libano, milizie irachene, i ribelli Houthi nello Yemen e gruppi palestinesi come Hamas e la Jihad Islamica.
L’obiettivo dichiarato è quello di creare un Medio Oriente indipendente da potenze esterne, in particolare dagli USA e da Israele. L’omicidio del generale Qassem Soleimani nel 2020, comandante della Forza Quds, ha rappresentato un duro colpo per questa strategia, ma non ne ha cambiato la direzione.
Iran e Israele: un confronto permanente
Dal 1979, la Repubblica Islamica rifiuta il riconoscimento di Israele. Khamenei ha mantenuto questa linea, criticando costantemente le politiche israeliane verso i palestinesi. Dopo anni di scontri indiretti, nell’aprile 2024 l’Iran ha lanciato per la prima volta un attacco diretto su larga scala con droni e missili in risposta a un attacco israeliano a Damasco, definendolo una “nuova fase” nelle relazioni bilaterali.
La questione della successione
Data l’età avanzata di Khamenei, si discute da anni su chi potrebbe succedergli. Due nomi ricorrono spesso: suo figlio Mojtaba Khamenei, figura riservata ma influente nei circoli religiosi, e il presidente Ebrahim Raisi, recentemente scomparso in un incidente aereo. Tuttavia, la decisione spetterà all’Assemblea degli Esperti, influenzata anche dal potente Corpo delle Guardie della Rivoluzione Islamica (IRGC), che Khamenei ha contribuito a rafforzare come attore politico, militare ed economico.
Alcune curiosità su Ali Khamenei
- Ama la poesia: Khamenei è noto per la sua passione per la letteratura persiana e spesso cita versi poetici nei suoi discorsi pubblici.
- Ha tradotto libri: Prima della rivoluzione, ha tradotto opere di autori islamici arabi in persiano, tra cui scritti dell’egiziano Sayyid Qutb.
- Scrive di proprio pugno: Gran parte dei suoi discorsi sono redatti personalmente, con un linguaggio ricco di riferimenti religiosi e culturali.
- La sua immagine è ovunque: In Iran, ritratti di Khamenei (insieme a quelli di Khomeini) sono esposti in edifici pubblici, strade e scuole.
- Non ha mai lasciato il Paese da Guida Suprema: Dal 1989 non ha effettuato viaggi all’estero, mantenendo una presenza esclusivamente interna.
Fonte, MEM, Britannica, Wikipedia.