Profumi d’oriente: IL CHAI

Da quando sono andato via di casa, ormai più di dieci anni fa, ho sempre avuto un po’ di nostalgia per quanto riguarda la cucina di mia mamma, una specie di vortice di spezie e profumi che mi ha sempre accompagnato instancabilmente come un amico fedele.


Questo uragano impazzito baluginava nella mia testa l’altro giorno mentre ero intento a preparare la colazione che, per quel che mi riguarda, non ha senso di esistere senza il caffĆØ, senza il suo profumo che invade le narici ancora addormentate dopo una lunga nottata.


Tuttavia mia madre mi ha sempre abituato sin da bambino a bere il chai, meglio conosciuto come masala chai nel continente europeo, ovvero il tĆØ di origini indiane, diffuso appunto nell’attuale India, Pakistan, Bangladesh e Sri Lanka, con una clientela sempre più fitta anche nel resto del globo partendo sempre dalla solida base del sud-est asiatico.

I ricordi di quel sapore caldo, avvolgente e mai banale hanno acceso, anche se in netto ritardo, una curiositĆ  che si ĆØ fatta largo al mio interno come un tarlo nel legno. Ho scoperto che gli esperti del settore sono divisi per quanto riguarda il periodo di nascita del chai. C’ĆØ chi dice cinquemila anni fa, c’ĆØ chi dice novemila anni fa; insomma giusto l’altro ieri, per intenderci.

Durante l’Impero britannico, agli inizi del millenovecento, il tĆØ nero nell’attuale India era uno dei prodotti più costosi e quindi i rivenditori locali erano soliti mischiarlo con il latte, varie spezie e zucchero per contenerne i costi; la popolaritĆ  crebbe a dismisura fino a che il chai non divenne una consuetudine forte e radicata.

Questa bevanda nella cultura di mia mamma e in parte anche mia, in quella dei pakistani, degli indiani dei bengalesi e tanti altri, ĆØ una colonna portante che ci trafigge col suo profumo perchĆ© il chai non ĆØ un tĆØ e basta, il chai ĆØ l’ospite che accogliamo e che varca la soglia di casa nostra, ĆØ l’inizio della giornata.
È lo snack pomeridiano accompagnato da un biscotto, è tuo figlio che ti viene a trovare, è tua madre che ti accarezza. È vita, è unione.
Non vi nego che se avessi mal di testa mia mamma mi proporrebbe il chai piuttosto che una pastiglia, ma questa ĆØ un’altra storia.

Ma come si fa il chai?

ƈ molto semplice e alla portata di tutti.
Portate ad ebollizione il latte in un pentolino, aggiungete il tĆØ nero (anche in bustina, industriale va benissimo) e amalgamate.
Opzionale ma necessario per avere un sapore autentico ĆØ l’utilizzo delle spezie quali cardamomo, cannella, zenzero e anice stellato.
L’ideale ĆØ macinarle a parte e aggiungerle al latte e al tĆØ lavorati precedentemente con l’aggiunta, diabete permettendo, di zucchero in quantitĆ  generosa.

Ah, per le quantitĆ  e le grammature dovete chiedere a mia mamma, io scrivo e basta.

Tuttavia ci sono tantissime ricette che differiscono anche se in minima parte, ognuna con una sua peculiarità o aggiunta e, in un mondo sempre più globalizzato, è sempre affascinante vedere come una bevanda possa unire popoli interi fino ad influenzare le generazioni future.
E voi vorreste provare il chai?

di Sarvish Waheed

Sarvish Waheed

Mi chiamo Sarvish Waheed, sono un classe '89 nato a Correggio e di origini pakistane. Sono diplomato in ragioneria e ho una passione smodata per il caffĆØ: macchiato, lungo ma soprattutto americano. Alle spalle ho maldestri tentativi di scrittura attraverso i quali ĆØ nato anche un romanzo; sono affascinato dal melting pot di cui il mondo odierno ĆØ composto, dalle lingue, dalle esperienze di persone provenienti da lontano e dalle contraddizioni che, paradossalmente, ci rendono migliori. Argomenti che vorrei trattare: attualitĆ  (guerre, storie di emigrazione etc.) ma anche cucina, in particolare quella indo-pakistana, raccontando aneddoti anche personali se possibile.