La guerra civile in Sudan si è fatta ancora più pericolosa e complessa dopo un attacco con droni lanciato dalle Forze di Supporto Rapido (RSF) su Port Sudan, città costiera sul Mar Rosso e sede provvisoria del governo militare sudanese. L’attacco, avvenuto il 4 maggio, ha colpito per sei giorni consecutivi basi militari, aeroporto, alberghi e un deposito di carburante, provocando gravi danni e lo sfollamento di numerosi civili.
Una guerra tra droni
Da quando è scoppiato il conflitto nell’aprile 2023 tra l’esercito regolare sudanese (SAF) e le RSF, la guerra si è trasformata in un conflitto ad alta tecnologia. Inizialmente l’esercito aveva il predominio nei cieli grazie a droni e aerei da guerra, ma ora le RSF stanno colmando il divario grazie a droni suicidi, in particolare di fabbricazione cinese.
Secondo Amnesty International, questi droni sarebbero stati forniti alle RSF dagli Emirati Arabi Uniti (EAU), accusa però respinta con forza da Abu Dhabi. “È una speculazione infondata”, ha dichiarato un portavoce del ministero degli Esteri emiratino.
Entrambi gli schieramenti usano i droni in modo sempre più massiccio, aumentando il rischio per la popolazione civile e spingendo il paese verso un’ulteriore escalation del conflitto.
La rottura con gli Emirati Arabi
In risposta agli attacchi, il 6 maggio le autorità filo-esercito di Port Sudan hanno annunciato la rottura delle relazioni con gli EAU, accusandoli di sostenere indirettamente le RSF. Ma si tratta di una mossa che potrebbe avere pesanti conseguenze economiche.
Gli Emirati sono infatti il principale partner commerciale del Sudan per quanto riguarda l’oro: nel 2023, il 97% delle esportazioni aurifere dalle zone controllate dall’esercito è andato proprio agli EAU. Inoltre, la compagnia emiratina Emiral Resources detiene la maggioranza della miniera d’oro di Kush, una delle più grandi del paese.
L’influenza degli Emirati si estende anche al sistema bancario: possiedono quote rilevanti nella Banca di Khartoum e controllano El Nilein Bank, fondamentale per le transazioni internazionali della regione di Port Sudan.
Secondo Suliman Baldo, analista del think tank Sudan Transparency and Policy Tracker, interrompere i rapporti con gli Emirati potrebbe danneggiare gravemente l’economia sudanese, già duramente provata dalla guerra.
Escalation in vista
Non è ancora chiaro in che modo l’esercito intenda applicare la sospensione dei rapporti con gli EAU. Il generale Abdel Fattah al-Burhan ha promesso di “sconfiggere le milizie e chi le sostiene”, ma non ha fornito dettagli.
Intanto, gli osservatori temono che la guerra possa degenerare ulteriormente, coinvolgendo ancor di più le potenze regionali. Secondo Alan Boswell dell’International Crisis Group, il rischio concreto è che il conflitto si intensifichi al punto da distruggere quel che resta delle infrastrutture del paese.
Fonte AJ