Il 24 e 25 marzo, a cura del CIES – Centro Informazione e Educazione allo Sviluppo -, delle associazioni Cittadini del Mondo e Voci dal Silenzio, si è svolta a Ferrara la ventunesima edizione del Convegno Nazionale Franco Argento – Culture e letteratura dei mondi.
Tante culture che si esprimono in una letteratura universale.
Hanno ospitato l’evento l’Aula Magna dell’ITE Bachelet, la Biblioteca Popolare Giardino e l’Auditorio del Liceo G. Carducci.
Tutto nasce dall’ostinato sogno di Franco Argento, docente di Lettere, nelle superiori, impegnato nell’ascolto e nel dare voce ai tanti passanti di tanti mondi. Viaggiatori che da anni arrivano, si fermano, se ne vanno dal nostro paese e che inevitabilmente condividono il cammino con tutti noi, a volte dirottandolo in un altrove inaspettato.
Il primo Convegno si intitolava “Culture della migrazione e scrittori migranti”. In un passaggio lessicale di anno in anno più definito nel titolo stesso, si è chiarito in modo nitido il percorso incerto, smarrito, terribilmente vitale dei camminanti.
Tutti lasciamo un luogo, un’appartenenza, alla ricerca del perché si va via dalla propria terra. La risposta, a volte arriva alla fine del viaggio nell’approdo saggio e conclusivo di tanti ritorni.
L’eterno viaggio dei tanti Ulisse che vivono dentro di noi.
Il titolo di quest’ultima edizione: “Incerte geografie – Storie di incontri e spaesamenti”, organizzato da insegnanti e rivolto agli studenti offre tanti spunti per una riflessione ricca di sorprese.
Il fondatore, Franco Argento è mancato presto. Alberto Melandri ci ha lasciato pochi anni fa. Così altri ospiti importanti e generosi.
Alcuni ospiti ci seguono da sempre: Tahar Lamri, scrittore, giornalista, collaboratore con Ravenna Teatro e instancabile promotore di eventi.
Errabondo lui stesso. Algeria, Libia, Francia, Italia, paese dove poi si è fermato, nella città di Ravenna.
Ma da questa sua sede apparentemente stanziale, continua a viaggiare seguendo linee e mappe suggeritegli da suoni, colori, odori. “Il ricordo è una cosa che hai oppure che hai perso”.
I titoli di alcuni suoi racconti, “Il pellegrinaggio della voce”, “Ma dove andiamo? Da nessuna parte solo più lontano” evidenziano incertezza e spaesamento e solo attimi illusori ci indicano frammenti di nostre radici ovunque.
Altri si sono messi in cammino per collaborare alla costruzione del festival in seguito e hanno continuato ad esserci rassicurando tutti con la propria presenza.
Nader Ghazvinizadeh, come sempre, ha conquistato tutti, soprattutto gli studenti col suo grande talento nello sfatare certezze e offrirci sempre una versione inedita di tanti eventi sui quali non sempre soffermiamo la nostra attenzione.
Un camminatore di periferie, osservatore di persone colte di nascosto mentre pensano. Dice: “Sono interessato alla messa in scena meccanografica della città. Allo stesso modo sono interessato a descrivere le persone mentre pensano, trattando il pensiero come fosse un’azione.”
L’incertezza e lo spaesamento, se accolti, diventano dei rifugi sicuri.
Nader cura i testi degli spettacoli messi in scena dal Burattinificio Mangiafuoco, teatro di sua moglie Margherita Cennavo di cui è la capocomica.
Il suo pubblico di bambini può solo sbirciare da una porta socchiusa sulle tragedie che ogni giorno contribuiscono a rendere il Mar Mediterraneo il mare più pericoloso del mondo. La morte non è contemplata nei suoi spettacoli, è solo evocata nel suo ultimo lavoro, intitolato “La maggior parte”, ispirato al libro di Fabio Geda “Nel mare ci sono i coccodrilli”.
Il traghettatore a cui viene affidato un bambino da una madre che non lo seguirà nel viaggio, allude alla morte, alla vita come tragica illusione “ In ogni parte del mondo il sole sorge e poi tramonta…Chi supera il mare perde la memoria e perciò è peggio che morire.
La tragedia di Cutro è uno sfondo presente e terribile.
Potente l’intervento del geografo Alessandro Ricci autore di: “La geografia dell’incertezza. Crisi di un modello della sua rappresentazione in età moderna”, “Cartografia, Arte e Potere tra Riforma e Controriforma. Il Palazzo Farnese a Caprarola”, “Spazi di eccezione”.
Attraverso le sue parole appare evidente il vortice che coinvolge il Vecchio Continente dalla Scoperta di Nuovi Mondi con la conseguente “prima apertura europea agli spazi globali”, e prova a “identificare il passaggio dal mondo medievale a quello moderno come una prima manifestazione dell’incertezza in geografia”. “Dall’Evo all’epoca, dalla stabilità (ciò che sta) all’instabilità, dalla certezza all’incertezza: questo è sembrato essere il destino della storia dell’uomo, che vale tanto nella sfera individuale quanto in quella geografica, e che sembra ripresentarsi di epoca in epoca, di momento storico in momento storico”.
La Letteratura è ovunque, la Scienza è letteratura.
Guido Barbujani, ordinario di Genetica all’università di Ferrara, scombina le carte del pericoloso pensiero che parla ancora di razze, di appartenenze che si manifestano in colori di pelle e di capelli più o meno crespi.
Le scombina da scienziato e le trasmette da raffinato scrittore.
Alcuni studenti hanno rivolto domande sulla raccolta di racconti “Soggetti smarriti”.
Barbujani dice: “Quante volte, lontani da casa, ci siamo sentiti smarriti. Fuori dall’ordinario e confortevole svolgimento della vita, in un contesto diverso da quello abituale, inciampiamo, simuliamo, improvvisiamo; ma scopriamo anche risorse che non pensavamo di avere. Solo quando andiamo altrove ci mettiamo alla prova, ci lasciamo sconvolgere da incontri inattesi e capiamo quanto sia importante perdersi per ritrovarsi.”
Ad ogni partenza, usciamo di casa e non riflettiamo sul fatto che stiamo entrando in un altrove imprevedibile.
Valentina Avoledo scrittrice e insegnante di scuole superiori, ha descritto nel suo libro Combo una storia immaginata, ma possibile di una comunità di pakistani che arriva in Friuli Venezia Giulia e che vive, ognuno nella propria individualità, in un groviglio di pregiudizi sia da parte degli italiani che dei propri connazionali.
Un punto di vista che sfugge a tanti.
Rimanendo in Pakistan, l’intervento di Wajahat Abbas Kazmi ha spiazzato tanti di noi su realtà magnificamente attive in un mondo che spesso ci appare totalmente chiuso, patriarcale e refrattario a qualsiasi cambiamento.
In un paese tanto controverso figure come Wajahat irrompono con la potenza di un’esplosione. Attivo in progetti sui diritti umani in collaborazione con Amnesty International. Tra i fondatori de Il Grande Colibrì, lotta a fianco delle persone LGBT nel mondo musulmano.
Ci ha raccontato la sua storia di immigrato non consenziente, di un padre di cinque figli, il suo, che avrebbe voluto che si emancipassero presto nella padronanza della lingua italiana per poter lavorare e guadagnare. Del suo smarrimento quando, appena arrivato in Italia, percepiva la realtà come fosse un set cinematografico di Hollywood. Del compagno che lo accoglie a scuola con un cartello su cui era scritto Allah maiale. Del suo avvertire l’Italia come un passo indietro nella sua crescita per la realizzazione dei suoi sogni letterari. In Pakistan sarebbe diventato forse un insegnante, in Italia un operaio straniero.
Ci racconta come lui stesso si sia stupito, durante un suo ritorno il Pakistan, dei fermenti di attivisti per i diritti LGBT in un paese dove dichiararsi omosessuali poteva essere molto pericoloso. E da questo stupore per l’impegno in una lotta in cui i rischi erano veramente tanti, è nato il suo coraggioso lavoro per i diritti umani.
Si è confrontato con un pubblico di ragazzi parlando del suo essere stato ragazzo, degli sforzi per liberarsi dai condizionamenti di una vita scelta dagli altri. Un incoraggiamento forte per orientarsi nelle incerte geografie del mondo.
Geografie incerte, ma presidiate da chi sa che bisogna sempre fare i conti con cambiamenti e rigurgiti di resistenze. Così i ragazzi di Occhio ai Media, con una freschezza ironica e tremendamente inoppugnabile segnalano le scorrettezze giornalistiche. Le smascherano facendosi nemici di penna ovunque. Importanti sono gli interventi nelle scuole dove insegnano agli studenti la tecnica per smascherare chi offre una lettura della realtà distorta e incline a strizzare l’occhio ad un normale razzismo.
Un viaggio per tutti durato due giorni in cui si sono disegnate altre mappe, ci sono stati nuovi incontri tra spaesati e smarriti confrontandoci e confortandoci nei tanti cammini.
di Grazia Satta