L’ambasciatore pakistano chiede a Trump di intervenire per ridurre le tensioni con l’India

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Secondo quanto riportato dalla rivista statunitense Newsweek, l’ambasciatore del Pakistan negli Stati Uniti ha sollecitato l’ex presidente americano Donald Trump a intervenire per favorire una distensione con l’India, dopo un grave attacco avvenuto nella regione contesa del Kashmir.

L’ambasciatore pakistano chiede a Trump di intervenire per ridurre le tensioni con l’India
L’ambasciatore pakistano chiede a Trump di intervenire per ridurre le tensioni con l’India

L’attacco, avvenuto il 22 aprile a Pahalgam, nel Kashmir sotto controllo indiano, ha causato la morte di 26 persone, in gran parte turisti. Si tratta di uno degli episodi più gravi degli ultimi 20 anni nella regione. L’India ha ipotizzato un legame con il Pakistan, senza però fornire prove, mentre Islamabad ha smentito ogni coinvolgimento e chiesto un’indagine indipendente.

Da allora, le tensioni sono aumentate. Il Pakistan ha rafforzato la presenza militare, mentre il governo indiano ha concesso “libertà operativa” all’esercito. Secondo fonti pakistane, si temeva un’incursione militare da parte dell’India nelle 24-36 ore successive all’attacco, motivo per cui diversi canali diplomatici sono stati attivati per evitare un’escalation armata.

Rizwan Saeed Sheikh, ambasciatore pakistano a Washington, ha dichiarato a Newsweek che il Kashmir rappresenta “il punto più delicato e pericoloso del mondo in termini nucleari”, e che un presidente come Trump, che ha sempre detto di volersi distinguere come portatore di pace, dovrebbe cogliere l’occasione per giocare un ruolo attivo.

“Non stiamo parlando solo di due Paesi confinanti con l’atomica,” ha detto Sheikh, “ma di un contesto in cui un conflitto potrebbe avere conseguenze gravi per l’intera regione e oltre”.

L’ambasciatore ha citato il primo discorso di Trump da presidente, in cui si era detto orgoglioso di voler lasciare un’eredità da pacificatore. Ha anche ricordato che, sotto la sua amministrazione, fu raggiunto un cessate il fuoco tra Israele e Hamas, e che Trump aveva cercato di mediare tra Russia e Ucraina.

Secondo Sheikh, però, stavolta serve uno sforzo più concreto e duraturo rispetto ai tentativi americani passati per ridurre le crisi tra India e Pakistan. Non basta, dice, “una soluzione temporanea per calmare la situazione. Serve una soluzione definitiva alla questione del Kashmir, così da evitare che la crisi si ripresenti ogni volta”.

Per l’ambasciatore, la disputa sul Kashmir è la causa principale di tutte le tensioni tra India e Pakistan. “Finché non si troverà una soluzione secondo le risoluzioni internazionali, questi problemi continueranno a ripetersi,” ha affermato. E ha ribadito che un ruolo attivo degli Stati Uniti potrebbe aiutare a disinnescare il conflitto.

Sheikh ha anche sottolineato che il Pakistan non vuole lo scontro, soprattutto con una potenza più grande come l’India. “La pace è nell’interesse della nostra economia, della nostra stabilità e della nostra identità nazionale,” ha dichiarato. Tuttavia, ha aggiunto che il Pakistan vuole una pace basata sulla dignità, e non accetterà imposizioni. “Se ci verrà imposta una guerra, preferiamo morire con dignità che vivere con umiliazione.”

Nel frattempo, lo stesso giorno dell’intervista, il segretario di Stato americano Marco Rubio ha avuto contatti telefonici con i leader di entrambi i Paesi. Il primo ministro pakistano Shehbaz Sharif ha chiesto agli Stati Uniti di esortare l’India a moderare i toni e agire in modo responsabile.

Un comunicato del Dipartimento di Stato americano ha confermato che Rubio ha chiesto alla leadership pakistana di collaborare per identificare i responsabili dell’attacco, e ha sollecitato entrambi i Paesi a ristabilire un dialogo diretto per mantenere la pace in Asia meridionale. Durante la chiamata con il ministro degli Esteri indiano, Rubio ha ribadito lo stesso messaggio.

Sempre nell’intervista, l’ambasciatore Sheikh ha sottolineato che il Pakistan sta orientando la propria politica estera verso una strategia di sviluppo economico, più che geopolitico. “La nostra priorità è la crescita economica, e per questo ci serve un vicinato stabile,” ha affermato, negando che il Pakistan possa trarre vantaggio da un attentato simile a quello di Pahalgam.

Anzi, Sheikh ha suggerito che potrebbe trattarsi di una “false flag operation” – un’azione condotta per dare la colpa al Pakistan. Pur non avendo prove dirette, ha detto che ci sono “elementi e precedenti” che rendono questa ipotesi plausibile.

Ha poi commentato anche la recente decisione dell’India di sospendere unilateralmente il trattato sull’acqua del fiume Indo (Indus Waters Treaty), affermando che un tentativo del genere sarebbe visto come una dichiarazione di guerra, vista la sua importanza vitale per la sicurezza alimentare di oltre 250 milioni di persone.

“Se minacciate la sopravvivenza di una nazione, che tipo di risposta vi aspettate?”, ha chiesto Sheikh.

Da parte sua, l’ambasciata indiana a Washington ha risposto alle dichiarazioni dell’ambasciatore pakistano definendole “un tentativo grossolano di riscrivere la storia e ignorare i fatti”, ribadendo che i responsabili dell’attacco saranno assicurati alla giustizia.

Nel frattempo, Radio Pakistan – emittente statale – ha diffuso un video sulle capacità dell’Aeronautica pakistana (PAF), mostrando jet di ultima generazione, come il JF-17 Block III, già esportato in altri Paesi. “La PAF è pronta a rispondere con forza a ogni aggressione”, dicevano i sottotitoli, sottolineando il ruolo dell’aviazione nella difesa della nazione.

Infine, oltre 1.000 scuole religiose nella regione di Azad Jammu e Kashmir sono state chiuse per dieci giorni, secondo un funzionario locale, a causa delle crescenti tensioni al confine e del timore di un possibile conflitto.

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