Liguria: Terra d’emigrazione e accoglienza

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Che la Liguria sia terra d’emigrazione è cosa risaputa. Con Genova il suo porto, e i suoi collegamenti transatlantici fu praticamente l’unico attracco in Italia, dove migliaia e migliaia di persone singole o famiglie intere con valige , se ne avevano, solcarono le acque lasciandosi alle spalle la Lanterna.


Non furono solo liguri a lasciare la propria terra, ma persone provenienti da tutto il centro nord Italia e Svizzera. A lasciare il Piemonte furono ad esempio, i nonni di Papa Francesco. L’Italia, quanto il resto d’Europa alla fine dell’800 viveva una crisi molto importante, funestata da continue instabilità economiche, politiche e sociali, spingendo così la popolazione ad emigrare per dar futuro a se stessi ed ai loro figli.

Porto di Genova


Solo dopo la fine della seconda guerra mondiale, con l’evento del boom economico come ben sappiamo, le nostre città via via, si sono sviluppate in termini di offerta lavoro e residenti, richiamando contrariamente emigrazione dal sud Italia.


In Liguria non sempre, ancora oggi, in varie dinamiche si riflettono le influenze globali del tempo.

I liguri, esploratori, navigatori, commercianti, banchieri, parsimoniosi! Certo, hanno emigrato, ma in taluni casi in un momento contestuale differente, rispetto al periodo di maggior flusso.


Popolo di montagna e di fatica, ma forte e attento tra questi aspri monti.


Ha plasmato il ripido, verticale terreno, realizzando terrazzamenti per coltivare frumento e verdure, custodendole nel “bàilo” – baule di casa, cui il capo famiglia custodiva la famosa “ciave do gràn”, ossia la chiave del grano, chiave preziosa più dei soldi in banca oggi, attraverso la quale si sosteneva alimentazione per tutta la famiglia durante l’inverno o carestie.


Ai Liguri la non c’era abbondanza!, gh’ea quello che gh’ea, c’era quel che c’era! E andava custodito con parsimoniosità! Qui relativamente non hanno fatto paura le guerre e scontri tra Regni e Repubbliche, ma che inverno sarà!


L’emigrazione viene principalmente a metà novecento, con l’avvento delle macchine da lavoro, automazione ecc..molti scelsero di lasciare i borghi sperduti per avventurarsi altrove, chi nelle grandi città formatesi od oltre oceano, alcuni di loro istruiti e/o inossidabili lavoratori e commercianti, emigrando, con il loro sapere nel “nuovo”mondo hanno generato imprese e fondato banche, come ad esempio Amedeo Giannini originario di Favale di Malvaro (GE) Val Fontanabuona, Fondatore della Bank of Italy che nel 1922 fu ribatezzata Banca d’America e d’Italia oggi Deutsche Bank , piuttosto che i fratelli Pezzolo famosa banda fisarmonica emigrata in California.


L’operosità e la laboriosità dei liguri contribuirono fattivamente al ricostruzione della città di Guayaquil principale città sul Pacifico in Ecuador, dopo un devastante incendio di fine 800, che bruciò la città per tre giorni e tre notti rasandola al suolo, cui la ricostruzione ricalca appieno lo stile ligure dei suoi edifici, colori marinari e, con le finestre e le immancabili sue “gioxie”, persiane.


Quanto sin sui detto, non sarebbe nemmeno l’antipasto di quanto questo popolo in giro per il mondo ha realizzato integrandosi, e col suo sapere sviluppando quel contesto cui si sono radicati, sposando nuove tradizioni e culture senza mai lasciare le proprie, anzi creando quella “mesc-ciùa” piatto tipico ligure (mistura) che fa guadagnare tutti e perdere nessuno!

Quello che oggi del tutto speculare stanno facendo le persone che fuggono da carestie e instabilità sociali. L’emigrazione c’è stata e ci sarà sempre! E’ il sale di questo mondo! Va accolta, va compresa va rispettata, va integrata ed educata, per creare un unicum, che fa bene alla nostra ricchezza paese e dà loro futuro e prosperità.


Vero che i liguri chiamano “foresti” cioè stranieri, quelli che già soltanto vengono poco fuori dalle cinte murarie, ma da sempre, il suo essere chiaro e concreto, non ha tolto niente a nessuno, ma nella storia a chiarito sempre tutte le situazioni di convivenza e reciproco rispetto, basti pensare che nel porto di Genova erano state costruite ben 8 moschee, per permettere a commercianti – marinai, provenienti dal mondo islamico, aver il loro spazio proprio di preghiera come per gli inglesi fu eretta e tutt’ora esistente una palazzina, dove sul fronte di legge “Sailors Chapel and Reading Room” il riposo dei marinai, luogo di culto anglicano, e di ritrovo per i marinai inglesi.


L’integrazione , l’accoglienza, ed il rispetto non parole semplici e scontate cui passano i secoli, ma sempre di estrema attualità! che di questi tempi sembrano essere messi in discussione, a mio parere molto abbindolati, drogati, dai media o social-media, dalla politica corrente del momento, che offusca la realtà dei fatti, il buono che esiste, che nel silenzioso, “indifferente”.. popolo ligure tesse tutti i giorni, tra il suo pullulare di attività associative, religiose, locali.


Un porto, un faro o meglio una Lanterna che non spegnerà la sua luce di speranza e accoglienza.

di Danilo Lisei Cassinelli

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