L’ora di religione

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Un alunno una volta mi disse: “Sa prof secondo me tanto, ma tanto tempo fa, Dio esisteva e forse era buono”. 

Non frequentava l’ora di religione, questo mio alunno, la sua spiritualità ingenua rifuggiva da qualunque indottrinamento scolastico in materia. 

Per lui, Dio era una nostalgia di bontà che avvolgeva l’universo, ma che nel mondo attuale si era persa.

Più che di un’ora di indottrinamento religioso, avrebbe avuto solo bisogno di un maggiore aiuto scolastico che gli permettesse di esprimere con serenità i suoi pensieri che a volte lo illuminavano. Ma la scuola, che anche allora tirava una coperta corta e consumata, non aveva i soldi da investire nei cosiddetti insegnanti di sostegno. 

Un ragazzo come lui avrebbe avuto bisogno di più tempo. Ed invece ogni settimana perdeva un’ora di tempo scuola perché lo strano meccanismo che regola l’ICR – insegnamento della religione cattolica – prevede che chi non la frequenta, debba uscire dall’aula.

Ma vediamo come funziona il meccanismo dell’ora di religione e cominciamo con un po’ di storia.

Fu Giovanni Gentile, ministro dell’Istruzione del Governo fascista ad introdurre alle elementari, in orario scolastico, a spese dello Stato ed in modo obbligatorio, l’ora di religione. 

“A fondamento e coronamento dell’istruzione elementare in ogni suo grado è posto l’insegnamento della dottrina cristiana, secondo la forma ricevuta dalla tradizione cattolica”, recitava la motivazione.

Col Concordato del 1929, la religione cattolica diventava religione di Stato, ed era posta «a coronamento» dell’istruzione pubblica. 

La materia “Religione” compariva ad inizio pagella, ma non incideva sulla media dei voti. Da “Religione”, tuttavia si poteva anche essere esonerati sup domanda scritta e motivata dal genitore. 

L’Italia nel 1940 entra in guerra.

Nel 1945 cessa la guerra, cade il fascismo, cade la monarchia. 

Nel 1948 entra in vigore la Costituzione.

Ricordiamone tre articoli, il 3, il 7 e l’8.

L’articolo 3 ci dice che: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali…”

L’articolo 7 recita: “Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani”.

L’articolo 8 ribadisce: “Tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge”.

Nel 1984, sotto il papato di Giovanni Paolo II, il presidente del Consiglio Bettino Craxi e il Segretario di Stato Cardinale Agostino Casaroli firmano il nuovo Concordato.

E come si suol dire “con un colpo al cerchio ed uno alla botte”, col nuovo Concordato si sottolinea che la religione cattolica non è più religione di Stato, ma «riconoscendo il valore della cultura religiosa e […] i principi del cattolicesimo […] parte del patrimonio storico del popolo italiano» (art. 30), la Chiesa curiale era chiamata dalla Repubblica alla «reciproca collaborazione per la promozione dell’uomo e il bene del paese» (art. 1).

Praticamente tutto ed il contrario di tutto: una nuova lotta tra papato ed impero.

Cosa succede ai nostri giorni nelle scuole di ogni ordine e grado?

La dicitura esatta è IRC– Insegnamento della Religione Cattolica.
La vecchia ora settimanale di “Religione” viene inserita in tutti gli ordini e gradi di scuola ed estesa nella scuola d’infanzia..

Insegnamento – di nuovo la magia dialettica! – “obbligatorio nell’orario e facoltativo nella scelta”

L’IRC è una presenza strutturale nel sistema scolastico nel quale si impone con un’ora settimanale.

Vediamo qualche informazione tecnica: gli insegnanti sono formati con un corso triennale, organizzato dalla Pontificia Università Gregoriana, in Scienze Religiose (ma la religione è una scienza? Chissà cosa avrebbe detto in proposito Galileo Galilei!), sono reclutati ad insindacabile giudizio della Curia Vescovile, ma ricevono lo stipendio dallo Stato (Il costo a carico dello Stato per la loro retribuzione nel 2008 è stato circa 800 milioni di euro, pari a circa il 2% della spesa complessiva della scuola italiana – circa 42,5 miliardi). Costoro devono “rigare dritti”: un figlio fuori dal matrimonio, una convivenza non benedetta da un sacerdote, un orientamento sessuale non convenzionale possono costare il licenziamento da parte del vescovo.

Ricordo la disperazione di una collega non regolarmente sposata rimasta incinta e licenziata quando quella che avrebbe dovuto essere una lieta notizia arrivò al cospetto del vescovo.

La frequenza dell’ora di religione è facoltativa, non è sostituita giustamente da alcuna materia obbligatoria. Chi non la frequenta può fare attività didattiche e formative, di studio con un docente o una libera attività di approfondimento individuale, oppure può uscire dalla scuola. Quest’ultima opzione è la più gettonata alle superiori.

Dimenticavo: un solo alunno in una classe ha diritto al suo insegnante di religione. La retribuzione è naturalmente la stessa come se la classe fosse di trenta ragazzi. Non si possono razionalizzare le risorse economiche riunendo i pochi alunni in un’unica classe e ora. 

Anche nelle scuole serali è prevista l’ora di religione.

Nelle scuole primarie, per i bambini che non si avvalgono dell’ICR è veramente umiliante lasciare l’aula, spesso col commento graffiante di compagni ed insegnanti che invece rimangono in classe.

Dal punto di vista organizzativo, sarebbe più logico, in una scuola laica, che fossero gli studenti avvalentesi a lasciare l’aula ed a frequentare l’ICR in orario extra curricolare.

Dal Concordato in poi, questa strana lotta tra Papato ed Impero è proseguita con fasi alterne in cui i nuovi guelfi hanno tentato con ragionamenti sinuosi di sostenere l’importanza di conoscere i fondamenti storico etico, culturali e chi più ne ha più ne metta, dell’Italia.

Cosa accade nella realtà della scuola superiore? Circa il 23% degli studenti, secondo una media nazionale, non frequenta l’ora di religione e sceglie nella stragrande maggioranza di uscire dalla scuola.

Una volta un alunno musulmano ha deciso di frequentare l’ora dicendomi interessato a conoscere i principi del cattolicesimo. 

Aveva fatto centro! 

Liberi tutti! 

Servirebbe forse un insegnamento laico democratico che permetta il confronto ed alimenti la curiosità reciproca, piuttosto che un’ora che “spacchi” la classe tra frequentanti e non, indottrinando più che educando, lasciando l’impressione che le religioni servano più a dividere che ad unire l’umanità.

La scuola non lascia tempo ai ragazzi di esprimersi, confutare, chiedere, confrontarsi. 

La sindrome di Hikikomori è una realtà che non possiamo più ignorare e che lascia tanti banchi vuoti, ma di cui sappiamo pochissimo.

Gli alunni di altri fedi religiose sono sempre più numerosi nelle aule ed il loro ed il nostro futuro sono la serenità della società.

I diritti LGBTQ hanno bisogno di essere assimilati perché inevitabilmente sta cambiando il concetto di individuo,di famiglia, di maternità, di vita e di morte.

C’è una necessità fortissima di capire i sentimenti, di saperli maneggiare senza mandarli in frantumi come cristalli preziosi, perché tali sono.

Siamo circondati da guerre, da annunci di una catastrofe ecologica, da un linguaggio politico sempre più violento. Ci stiamo abituando a discussioni polarizzate ed aggressive, e i giovani sono i più disorientati dagli attacchi che arrivano da tutte le parti: dai social, dalla televisione, dai mass media e dalla stessa società.

C’è un grande bisogno di rassicurazione  e la scuola può fare tanto.

Quell’ora potrebbe servire per un confronto/conforto, per riuscire a capire ansie, paure, per rasserenare quei momenti di crescita che paralizzano e che esplodendo possono creare danni a volte irrimediabili.

Quest’ora si potrebbe chiamare Educazione Sentimentale, Antropologia, Geostoria dei Sentimenti Umani, Consapevolezza della Cultura Patriarcale, Rispetto delle Donne, Educazione al Dialogo ed all’Ascolto di Sé e dell’Altro, Esercizi del Silenzio e della Lentezza e della Consapevolezza.

L’ora che serve è quella in cui non si apre una porta per fare uscire qualcuno e la si chiude per fare restare in un’aula qualcun altro.

di Grazia Satta

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