Recensione Contro il femminismo bianco, una lettura scomoda, ma fondamentale

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Contro il femminismo bianco di Rafia Zakaria: una lettura scomoda, ma fondamentale

Ci sono libri che ti confermano ciò che già pensi. E poi ci sono libri che ti costringono a ripensare tutto. Contro il femminismo bianco di Rafia Zakaria appartiene alla seconda categoria.

Con questo saggio, pubblicato in Italia da add editore, Zakaria – avvocata e attivista pakistana-americana – ci mette davanti a una verità tanto scomoda quanto urgente: il femminismo occidentale dominante, quello che ha avuto maggiore visibilità e diffusione nei media, nelle istituzioni e nei movimenti globali, è stato (e spesso continua ad essere) un femminismo bianco. Un femminismo che, pur predicando l’uguaglianza, ha spesso escluso, ignorato o marginalizzato le esperienze delle donne nere, indigene, migranti e provenienti dal Sud globale.

Una critica dall’interno, non un attacco dall’esterno

Uno dei grandi punti di forza del libro è che la critica di Zakaria non arriva da una posizione “contro” il femminismo in sé, ma da una prospettiva profondamente femminista, che vuole allargare i confini del pensiero e della lotta. Zakaria non cerca di demolire, ma di decostruire e ricostruire. Non contesta l’idea di femminismo, ma ne mette in discussione le fondamenta quando queste si fondano su privilegi non riconosciuti.

Il suo saggio è un invito – a volte severo, ma sempre necessario – all’autoanalisi. Zakaria ci chiede: chi decide cosa significhi “liberazione” per le donne? Chi stabilisce le priorità del movimento? E soprattutto: chi viene ascoltata?

Esperienze personali e analisi globale

Il libro alterna momenti di riflessione teorica a episodi autobiografici intensi, che danno corpo e profondità alle argomentazioni. Zakaria racconta la sua esperienza di donna musulmana cresciuta in Pakistan, poi trasferitasi negli Stati Uniti, e del modo in cui si è spesso sentita invisibile o strumentalizzata nei contesti femministi occidentali. La sua voce è quella di molte donne razzializzate che si sono sentite escluse da un femminismo che parla di loro, ma raramente con loro.

Un tema centrale del libro è quello del cosiddetto “femminismo salvatore”, cioè l’atteggiamento paternalista con cui, storicamente, molte femministe bianche hanno cercato di “salvare” le donne del Sud globale o delle minoranze, senza interpellarle, senza comprenderne le specificità culturali e sociali, spesso riproducendo le stesse logiche coloniali contro cui il femminismo dovrebbe opporsi.

Femminismo intersezionale: non solo un’etichetta

Zakaria richiama più volte il concetto di intersezionalità, non come parola alla moda, ma come strumento critico fondamentale. Un femminismo che non tenga conto delle intersezioni tra genere, razza, classe, religione e provenienza geografica, rischia di essere cieco e inefficace. E soprattutto, rischia di replicare le stesse disuguaglianze che afferma di voler combattere.

Un libro che chiede responsabilità, non sensi di colpa

È importante sottolinearlo: Contro il femminismo bianco non è un invito al senso di colpa. È un invito alla responsabilità. Alla consapevolezza. Alla volontà di ascoltare, di fare spazio, di decentrarsi. Non è un’accusa fine a se stessa, ma una chiamata a una solidarietà reale, radicale, capace di superare le barriere dell’etnocentrismo e del privilegio.

Conclusioni: perché leggerlo

Leggere questo libro può far male. Può mettere a disagio. Può smontare alcune certezze. Ma proprio per questo è indispensabile. Perché nessun cambiamento reale avviene senza un momento di crisi. Rafia Zakaria ci regala uno strumento prezioso per pensare (e praticare) un femminismo più giusto, più autentico, più globale.

Se vuoi un femminismo che non lasci indietro nessuna, Contro il femminismo bianco è una tappa obbligatoria.

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