Trump e il cessate il fuoco tra India e Pakistan può davvero risolvere il caso Kashmir?

Trump tra Nobel e diplomazia: il Kashmir come banco di prova globale

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Trump mediatore in Kashmir: svolta storica o mossa per il Nobel?

Opinione di Hamid M. per Geo News

Donald Trump, attuale presidente degli Stati Uniti, in carica durante il 2025, ha da tempo un obiettivo ambizioso: vincere il Premio Nobel per la Pace. Lo ha detto chiaramente più volte, lamentandosi che Barack Obama abbia ricevuto il premio senza, a suo dire, meritarlo. Negli ultimi anni, è stato candidato ufficialmente al Nobel da alcuni membri del Congresso americano e persino da un deputato ucraino, che ha citato i suoi sforzi di mediazione nei conflitti in Medio Oriente, in Ucraina e, più recentemente, tra India e Pakistan.

Ma è proprio su quest’ultimo fronte, la storica disputa sul Kashmir, che Trump potrebbe giocarsi la sua carta più forte. Il 10 maggio 2025 ha infatti annunciato a sorpresa un cessate il fuoco tra India e Pakistan, due potenze nucleari. Mentre il Pakistan ha riconosciuto pubblicamente il ruolo di Trump nel raggiungimento dell’intesa, l’India è rimasta più cauta, con il premier Narendra Modi che ha preferito il silenzio, e il suo portavoce che ha negato qualsiasi legame tra la tregua e i negoziati commerciali.

Nonostante la mancanza di conferme ufficiali da Nuova Delhi, Trump ha insistito: è stato lui a mediare e convincere le parti, anche grazie al sostegno di paesi come Arabia Saudita, Turchia e Regno Unito. In un discorso tenuto in Arabia Saudita, ha addirittura affermato di voler risolvere una disputa vecchia di “mille anni”, riferendosi al Kashmir.

Una lunga storia di promesse americane

L’idea di un coinvolgimento statunitense nella questione del Kashmir non è nuova. Fin dagli anni ’40, l’ONU e alcuni diplomatici americani hanno cercato di mediare tra India e Pakistan. Il diplomatico americano Josef Korbel (padre di Madeleine Albright) scrisse già nel 1948 che l’annessione del Kashmir all’India non poteva essere considerata legittima secondo il diritto internazionale.

In più occasioni, la Casa Bianca ha promesso al Pakistan un ruolo attivo nella risoluzione della disputa. Nel 1957, il primo ministro pakistano Suhrawardy ottenne una dichiarazione congiunta da Eisenhower, in cui gli Stati Uniti si impegnavano a sostenere una soluzione secondo le risoluzioni ONU. Ma, come spesso accaduto, le promesse americane non si sono tradotte in risultati concreti.

Il contesto attuale

La recente escalation seguita all’attentato di Pahalgam del 22 aprile 2025 ha spinto la situazione al limite. L’India ha accusato il Pakistan senza prove, ha sospeso unilateralmente il trattato delle acque dell’Indo — in vigore persino durante le guerre passate — e ha lanciato attacchi missilistici. In questo contesto esplosivo, l’intervento di Trump ha rappresentato una svolta improvvisa e inaspettata.

Sebbene non sia ancora candidato ufficiale al Nobel, la sua mediazione ha avuto un impatto reale. Lo si può criticare su molte cose, ma bisogna riconoscere che ha evitato un conflitto nucleare nel cuore dell’Asia.

Il vero obiettivo: un’Asia sul modello UE?

L’articolo di Hamid Mir, da cui è tratto questo adattamento, conclude con una riflessione interessante: Trump non cerca solo un premio, ma anche un’eredità politica. Se davvero riuscisse a risolvere il nodo del Kashmir, potrebbe aprire la strada a una cooperazione economica regionale simile a quella dell’Unione Europea. La pace, in fondo, non è solo un traguardo politico ma una condizione per lo sviluppo.

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