“Universidad de la Tierra” Un mondo incredibile 

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Aprile 2023, San Cristóbal de Las Casas, Chiapas, Messico

Al CIDECI si arriva con una corsa sussultante in taxi, su una strada piena di buche in una zona alta di San Cristóbal de Las Casas. Un alto muro dipinto di murales, che celebrano la rivoluzione zapatista del primo gennaio 1994, ci dice che siamo giunti a destinazione.

Per entrare bisogna attraversare un cancello. Suoniamo, ci apre un ragazzino che ci chiede chi siamo, da dove veniamo e chi cerchiamo. Una diffidenza che viene da lontano, da quando le comunità indigene si sono ribellate alle ingiustizie sociali ed è cominciata la lotta contrastata dall’esercito.

Varchiamo il cancello ed entriamo nel CIDECI Las Casas. Cosa significa CIDECI Las Casas? Significa Centro indigeno di formazione integrale Fray Bartolomé de Las Casas. È un centro indigeno.

Non è un centro solo per, è anche un centro per gli indigeni. È un centro indigeno, nel suo fare, nella sua definizione, nel suo modo di operare, nei suoi componenti, in coloro che lo integrano. Dice Raymundo Sanchez Barraza.

Il ragazzino in questione è uno degli oltre 150 ospiti del progetto che nasce nel 1989 su un’idea del Dottor Raymundo Sánchez Barraza

Il mio lavoro qui è di coordinatore generale di un progetto che vuole essere un sistema, che abbiamo chiamato Sistema Indigeno Interculturale di Educazione Non Formale. Quindi il mio compito è coordinare tutte le parti di questo sistema. Lavoriamo qui dal 1983 e in questo lavoro abbiamo attraversato diverse fasi. Consideriamo questo progetto più come un esperimento che ha gradualmente preso il suo profilo, il suo volto e, come dicevo, ha attraversato diverse fasi, diversi stadi.

Una ragazza ci prende in consegna e ci accompagna dal Dottor Raymundo Sánchez Barraza, in quella che pensiamo sia la sua abitazione.

Colori ovunque e un’attenzione straordinaria per i particolari. Una bellezza terapeutica.

Il Dottor Barraza ci affida a Francisco che ci farà visitare il centro e col quale potremo platicar, parlare, perché il confronto è basilare per una democrazia dal basso.

È sabato, i laboratori sono chiusi e i ragazzi in giro pochi.

Francisco ci racconta: gli studenti presenti hanno un percorso gratuito in cui imparano, scegliendo a seconda delle preferenze, un’arte o una professione. I laboratori a disposizione sono tanti, una sorta di università senza scarpe in cui la conoscenza parte dal basso e si espande in un percorso circolare. Tantissimi laboratori artigianali, dalla carpenteria alla panetteria, ma anche musica, arte e filosofia. I ragazzi che hanno le famiglie lontane abitano gratuitamente all’interno della comunità. Il progetto è rivolto a tutti i ragazzi zapatisti e non, scoraggiandoli dall’ intraprendere una strada di accattonaggio nelle città e creando i presupposti per rimanere nel territorio con la dignità e l’orgoglio delle proprie origini.

Si mette totalmente in discussione il sistema universitario occidentale e si applicano le dinamiche dell’auto apprendimento. 

Non si smette mai di imparare. Non ci sono voti, diplomi, ma un programma di apprendimento condiviso. 

L’età dei ragazzi varia dai 12 ai 25/26 anni. Francisco ne ha 22 ed è entrato a 12, perché, cresciuto in una comunità zapatista, voleva approfondire la realtà del movimento e dare il suo apporto consapevole. Di lingua madre tzozil, ha imparato all’interno del progetto, lo spagnolo anche se precisa –non lo domino perfettamente-.

Democrazia radicale. Non ci sono imposizioni culturali, non c’è uno standard da raggiungere, non ci sono tempi perché nessuno può stabilire un cammino che tutti possano percorrere, ma non allo stesso modo.

Si insegnano piccole cose fondamentali per la vita e queste abilità si cuciono insieme con domande morali, etico filosofiche che reciprocamente i ragazzi si rivolgono. È importante parlare, sempre. Si insegna la cura tradizionale, non rifiutando la medicina moderna, ma affiancandola nella prevenzione della salute. Il rispetto della terra e delle sue risorse è sacro. Lottano senza sosta per la difesa dei propri territori contro le multinazionali che vorrebbero rapinare.

Un sistema educativo opposto al nostro verticale, competitivo, acritico, imposto dalle multinazionali che non amano le menti pensanti e cercano di plasmare gli individui a seconda delle necessità del mercato, iper specializzandoli e rendendoli sempre più rigidi nei confronti della realtà. Una logica di mercato in cui si rimane prigionieri perché si pensa che sia l’unica possibilità.

A questi studenti viene insegnata la resistenza del pensiero che produce speranza per il futuro.

Dice il dottor Barraza in una vecchia intervista: … speranza in cosa?: In qualche altro mondo è possibile. Perché non possiamo cadere nella trappola di chi ci dice: quello che c’è è un destino ineluttabile, non c’è altro. Diciamo: sì c’è; lo cerchiamo Vogliamo costruirla anche se dobbiamo prepararci a grandi disastri, salendo su una barchetta che è come l’arca di Noè, piccola. Con chi? Con quelli che hanno resistito per secoli… Chi sono?: Questi popoli.

Tutti i popoli che sono sopravvissuti, che rivendicano il proprio presente e camminano, a volte con grandi fatiche verso il futuro.

di Grazia Satta

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