Comunicare con una persona che non parla la nostra stessa lingua è chiaramente una situazione non facilmente gestibile, nel caso in cui non ci sia la possibilità di utilizzare una lingua ponte tra le due parti molto probabilmente non si riuscirà ad ottenere i risultati ed obiettivi desiderati. È possibile nella maggior parte delle volte avere la possibilità di utilizzare degli strumenti che potrebbero aiutarci in parte o solamente in determinate circostanze: l’utilizzo del traduttore. Il traduttore digitale – ad esempio – è uno degli strumenti tecnologici principali che utilizziamo nel nostro lavoro; ci aiuta quotidianamente per le indicazioni semplici, basilari e non certamente per dare comunicazioni estremamente importanti e particolarmente sensibili. Potrebbe, infatti, esserci utile per comunicare un orario, un luogo ed un appuntamento, oppure potremmo utilizzarlo per farci indicare di cosa ha bisogno la persona in questione. Preferisco sempre evitare di utilizzare il traduttore per parlare con gli accolti che supporto e che seguo perché è molto semplice sbagliare ad interpretare una parola o un “modo di dire”; piuttosto cerco di organizzare un colloquio con un mediatore linguistico culturale per poter analizzare al meglio ciò che occorre sapere.
La tematica degli errori causati dalle incomprensioni è molto rilevante, potrebbe accadere che da una traduzione errata ne consegua un mancato appuntamento e perciò a seguire tutta una serie di spiacevoli inconvenienti. La presenza dei mediatori linguistici culturali aiuta notevolmente noi operatori di accoglienza a poter avere dei dialoghi efficaci durante i colloqui e poter dare e ricevere informazioni corrette a coloro che non parlano la nostra lingua e soprattutto che provengono da contesti culturali differenti dal nostro. Il mediatore non è un traduttore: aspetto su cui riflettere significativamente. Se il traduttore traduce in un’altra lingua ciò che noi diciamo nella nostra lingua, il mediatore ci aiuta a dare l’informazione in modo tale che l’interlocutore possa interpretare e comprendere al meglio ciò che vogliamo dire. Entrano in campo conoscenze sugli aspetti culturali di entrambe le parti, il mediatore molto spesso è una persona che ha origini estere e che conosce lingua e cultura del Paese di provenienza; vive nel nostro territorio e conosce lingua e cultura del contesto in cui abita.
Possiamo analizzare alcuni esempi per dare un’idea di ciò che significa avere la possibilità di parlare con l’altro grazie ad un mediatore culturale. Gli aspetti sanitari sono in prima linea i contenuti principali che preferiamo trattare insieme al mediatore culturale; ogni cultura infatti ha diverse visioni in merito i temi sanitari, le malattie, le diagnosi ed i semplici esami di laboratorio. È necessario affrontare insieme al mediatore gli aspetti più delicati e complicati in modo tale che la persona interessata li possa comprendere al meglio, grazie alla lingua e grazie alla stessa visione culturale. Tornando agli esempi pratici non dobbiamo mai dare per scontato che la visuale del campo sanitario che abbiamo nel nostro territorio sia la stessa di una persona che ha sempre vissuto in un altro Paese ed in un altro contesto culturale; un esempio è legato alle analisi del sangue che noi effettuiamo regolarmente per accertamenti e monitoraggio della salute. Gli stessi esami sono letti come estremamente inutili e anzi, dannosi, per un soggetto proveniente da un contesto culturale totalmente diverso dal nostro. Ecco che il mediatore culturale potrà grazie alle conoscenze di entrambe le culture cercare di far captare all’interessato il significato di questi esami del sangue all’interno del nostro contesto culturale.
Altro esempio che noto quotidianamente nel lavoro sono le modalità di comunicazione: aspetto fondamentale che abbiamo estrema necessità di interpretare al meglio; perciò la presenza di un mediatore culturale durante un colloquio è importante per analizzare insieme cosa avviene oltre a cosa viene detto. Se infatti in alcune culture è importante non usare toni di voce alti, in altre, utilizzarli non significa assolutamente aggressività, rabbia o mancanza di rispetto. Possiamo dedurre che il mediatore culturale ci aiuterà a capire cosa l’interessato sta dicendo ma anche cosa i suoi atteggiamenti vogliono dirci.
Il mediatore culturale viene chiamato ad intervenire in supporto all’equipe che lavora con i migranti ma anche in supporto dei migranti stessi. È perciò un importantissimo aiuto che non dobbiamo mai scordare di avere perché semplicemente potrebbe risolvere molte incomprensioni.
di Sonia Lerose