Questa è la piccola storia di una piccola famiglia con una grande moglie, due piccole bambine che insieme hanno deciso di saltare i confini, di rinunciare alle appartenenze, ma non agli affetti, per vivere in un miscuglio di origini, lingue, scuole, tepori climatici accoglienti e diversi.
Ci possiamo incontrare a Venezia alla fine dell’inverno? Se ci sei, facciamo scalo di un paio di giorni tra Praga e Cagliari, così le bambine vedono Venezia!- Mi chiede il papà per telefono.
Ci incontriamo in periodici piacevoli appuntamenti tra Ferrara, Venezia, Cagliari, Praga negli incastri delle nostre esistenze.
Il padre sostiene che è importante creare belle tradizione che accompagnino la crescita delle figlie e quella di incontrare amici e parenti un po’ qua un po’ là lo è di sicuro.
Loro sono una famiglia molto normale con un unico grande privilegio: due case in due diverse città d’Europa.
Mamma e papà sono due medici. Si sono conosciuti in Francia durante un progetto Erasmus.
La bambina più grande, Zaira (nomi di fantasia) frequenta la prima classe delle elementari, la seconda, Anna, va ancora alla scuola materna.
Una normalità da spot pubblicitario noioso per quanto banale!
Ci incontriamo a fine febbraio. In questo periodo nelle bambine si risveglia uno strano istinto migratorio e decidono che è tempo di lasciare la Repubblica Ceca, paese dove la mamma Slovacca, ha ripreso a lavorare al termine della maternità che dura 3 anni per ogni bambino e nel quale trascorrono autunno e inverno. Raggiungono il Mediterraneo, la Sardegna, terra del padre, nella quale passano primavera ed estate.
Percepiscono una perfetta esaltazione delle diversità stagionali: l’inverno è bello col freddo continentale e magari con la neve, l’estate non è tale senza il caldo azzurro Mediterraneo.
La loro vita trascorre in questa incredibile routine di pendolarismo internazionale.
Per mamma e papà la scelta di vivere insieme in uno dei 3 Stati:
Rep.Slovacca, dove sono residenti con la madre – obbligo da normative internazionali ovvero i minori seguono sempre la residenza materna salvo diverse disposizioni- i bambini registrati all’AIRE -ambasciata italiana Bratislava- in un nucleo familiare da soli secondo la normativa italiana;
Rep. Ceca dove i bambini sono nati ed hanno dalla nascita un permesso temporaneo ciclicamente rinnovato come cittadini stranieri e Sardegna dove sono domiciliati presso la residenza del padre);
Avrebbe richiesto una rinuncia affettiva e culturale troppo forte.
Ho seguito con un interesse da vampira antropologa, l’evolversi della loro vita.
I primi anni della famiglia sono trascorsi in una sorta di limbo delle scelte sospese e la mamma ha potuto vivere la maternità con serenità. Poter rimandare una scelta di vita tanto drastica come decidere in quale Stato lavorare, crescere i figli, abbracciare una cultura e inevitabilmente rinunciare ad un’altra, è una cosa difficile. Il tempo e la fantasia possono aiutare.
Mentre nonni, zii, amici vicini e lontani osservavamo incuriositi l’evolversi della situazione, la soluzione è arrivata naturale, creativa, coraggiosa, anticipatrice, forse, del mondo di domani.
Né mamma né papà rinunciano al proprio Paese di origine, alla famiglia, agli amici, al lavoro e le bambine cresceranno per quello che sono: due cittadine del mondo con doppia cittadinanza, trilingui, con nonni che rappresentano radici, cultura, tradizioni diverse. Nessuno strappo affettivo.
Sempre il papà mi spiega, con la flemma che gli è propria, che si sente un grande privilegiato della vita. Non è limitato nella sua professione di microbiologo che svolge da medico convenzionato in un ospedale in Sardegna e, durante il Covid, in diverse strutture sanitarie dove c’era urgenza di personale medico.
Può usufruire di ventiquattro mesi di aspettativa non retribuita, in complessivi cinque anni, e -In fin dei conti – mi dice – è solo una questione di rinunciare a dei soldi, ma anche dal punto di vista economico, lavorando in due non c’è problema.- La carriera e il guadagno sono secondari. Entrambi i genitori sono quindi presenti al massimo nella vita familiare.
Le bambine, come dovrebbe essere per tutti i minori del mondo, possono frequentare la scuola nei due diversi paesi a patto che ne sia garantita la regolarità. La possibilità esiste da tanto tempo: è l’art. 45 DPR 394/99
I minori stranieri presenti sul territorio nazionale hanno diritto all’istruzione indipendentemente dalla regolarità della posizione in ordine al loro soggiorno, nelle forme e nei modi previsti per i cittadini italiani. Essi sono soggetti all’obbligo scolastico secondo le disposizioni vigenti in materia. L’iscrizione dei minori stranieri nelle scuote italiane di ogni ordine e grado avviene nei modi e alle condizioni previsti per i minori italiani. Essa può essere richiesta in qualunque periodo dell’anno scolastico.
Finora la doppia frequenza della scuola materna ha dato risultati incredibili ed ovvi di serenità e vivacità. Quest’anno la maggiore delle due sta sperimentando la frequenza della prima classe delle elementari in questo bel nomadismo. Per i compagni di scuola a Cagliari sono le nordiche, in Repubblica Ceca, sono le mediterranee simpatiche e un po’ chiassose. Il passaggio da una lingua all’altra profuma di terre, mari, cibi, stagioni, affetti diversi e produce ricchezza nella vita di tutti.
La cultura che le accompagnerà nella crescita sarà una sintesi antica che permetterà futuri inaspettati.
Quando fanno sosta da me a Ferrara, mi diverto ad osservarle. L’ultima volta sono arrivate accompagnate dal padre e dallo zio, la mamma le aspettava a casa.
Sono arrivate di sera tardi, mezzo addormentate e prima di andare a dormire farfugliavano in un perfetto italiano la richiesta di fare pipì e di avere una camomilla col miele. Il giorno dopo ancora, il loro italiano era perfetto con tanto di condizionali e congiuntivi.
All’avvicinarsi della partenza è successa una cosa buffa e dolcissima. Dopo una video chiamata con la mamma ed aver ricevuto la promessa che sarebbe stata in aeroporto ad accoglierle, l’italiano si è pian piano sciolto come neve al sole, hanno cominciato a parlare fra di loro in slovacco e a cantare canzoncine nella lingua materna.
Solo col papà hanno continuato a parlare in italiano perché dicono :- Lui non sa parlare bene né lo slovacco né il ceco!
Buon viaggio in ogni viaggio che non sarà mai uno strappo di drammatiche nostalgie.
di Grazia Satta