La Repubblica Democratica del Congo è uno dei Paesi più ricchi per quanto riguarda le risorse naturali. Rame, cobalto, coltan, diamanti, oro, zinco, uranio, stagno, argento, carbone, manganese, tungsteno, cadmio e petrolio sono alcuni degli esempi. Tuttavia, pur essendo un luogo fertile in termini di potenziale la sua popolazione è tra le più povere sul pianeta terra, e allora qual è il problema? Probabilmente le multinazionali che negli anni hanno lavorato sul territorio spolpando il Congo dei suoi averi, la corruzione dilagante del governo e i gruppi ribelli che, da anni, si fanno la guerra per ottenere il controllo delle materie prime.
È importante ricordare che il Paese da molti anni è protagonista di conflitti cruenti che hanno messo in ginocchio le sue infrastrutture, la popolazione e l’economia. La prima guerra del Congo ha preso vita fra il 1996 e il 1997, ha visto cadere il regime del generale Mobutu e ha lasciato al suolo più di 250 mila morti e un numero molto alto di dispersi in un vortice di odio fra l’etnia Hutu e quella Tutsi che, trae origine dal genocidio in Ruanda. La seconda guerra del Congo inizia nel 1998 e si conclude nel 2003, la scintilla che fa scattare il secondo conflitto è sempre la volontà di controllare il Paese ma soprattutto, ancora una volta, l’odio fra gli Hutu e i Tutsi. Il totale stimato dei morti supera i 5 milioni.
È in questo contesto confuso ed estremamente sanguinoso che col passare del tempo hanno preso vita innumerevoli milizie armate che hanno terrorizzato la popolazione. Fra questi, di recente, si sono fatti notare per efferatezza e sfrontatezza i ribelli dell’M23.
CHI SONO I RIBELLI DELL’M23
Il gruppo prende nome da un accordo di pace firmato il 23 marzo 2009 dal governo congolese e da una milizia filo-Tutsi. L’M23 nel 2012 prese il controllo dell’importante città sul fronte orientale, Goma, nella regione del North Kivu salvo poi evacuare il posto dopo le pressioni internazionali e la volontà del governo di trattare. La rivolta del 2012 non fu altro che la diretta conseguenza della seconda guerra, e i soldati, prevalentemente Tutsi, secondo gli studi delle Nazioni Unite furono supportati dall’Uganda e dal Ruanda. L’M23 si proclama un gruppo ribelle che combatte per i diritti delle persone di etnia Tutsi contro le discriminazioni della maggioranza Hutu del Paese. Dopo la sconfitta dell’M23 nel 2013, i sopravvissuti si sono rifugiati in Uganda e appunto, Ruanda, per poi, infine, riprendere le armi nel 2017 per una seconda ondata di rivolte.
Amnesty International rivela che a fine novembre 2022, a Nord della città di Goma ci sono state centinaia di esecuzioni sommarie e stupri di gruppo.
IL RUOLO DELL’ UGANDA E DEL RUANDA
Per decenni, i due Paesi confinanti hanno creato instabilità in Congo supportando e fornendo armi alle milizie ribelli, per avere la possibilità di appropriarsi delle risorse principali come il coltan e l’oro. Il Ruanda è il terzo più grande esportatore di coltan al mondo sebbene non abbia giacimenti interni al Paese. Una indagine accurata delle Nazioni Unite ci mostra come tra il 2021 e il 2022 i soldati Ruandesi hanno varcato il confine entrando in Congo, con i ribelli dell’M23 vestiti con le loro stesse uniformi e armi. Come riportato dalla BBC, l’Uganda a sua volta ha regolarmente superato il confine commettendo atrocità con l’obiettivo di impossessarsi delle risorse naturali congolesi.
IL CONGO
Il governo congolese sta attuando una massiccia eppure sommaria selezione fra i civili per contrastare l’insurrezione, questo, tuttavia, potrebbe creare altro malcontento e rendere il conflitto disordinato ed estremamente pericoloso, sia in termini di vite umane che di odio fra le etnie.
Crimini contro l’umanità sono ancora in essere, esecuzioni di massa e stupri sono l’arma più utilizzata per esacerbare lo scontro. In pochi mesi gli sfollati hanno superato i 500 mila.
di Sarvish Waheed