Disarmati, Paesi senza esercito e altre strategie di pace

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Il 7 aprile, giorno dopo la presentazione del libro di Riccardo Bottazzo “Disarmati”, edito da Altraeconomia, alla libreria Alaska a Milano, mentre camminavo con amici per le strade del centro vicino al Duomo, mi imbatto in un giovane uomo che indossava una felpa con su scritto “Kill the russian”

Mi fa notare il tutto una giovane amica russa. 

Lo seguo e lo fotografo. 

Il disegno per chi non capiva la lingua era più che eloquente: un uomo col volto parzialmente coperto, un coltello insanguinato alla mano destra mentre con la sinistra tiene per i capelli la testa vomitante sangue di un russo appena sgozzato.

Penso che arrivare a convincere al disarmo una persona del genere sia difficile, ma Riccardo ci prova. 

Riccardo Bottazzo è un giornalista professionista che collabora con diverse testate scrivendo di ambiente, migrazione, viaggi, rotte migratorie e movimenti dal basso.

Riccardo Bottazzo

E’ stato osservatore Onu in Salvador nel 2009. 

Conosce bene la realtà del Chiapas dove si reca spesso, è stato tra il popolo waorani della foresta amazzonica dell’Ecuador. 

In Patagonia ha raccontato la lotta dei mapuche svelando gli interessi di multinazionali come Benetton che hanno fatto affari d’oro con i latifondisti locali. 

Ha percorso le rotte dei migranti dal Niger ed da altri paesi sub sahariani convergenti in Libia.

Appassionato di isole, isolano lui stesso in quanto veneziano, come ama sottolineare, ha scritto una raccolta di storie sulle micronazioni del mondo intitolata “Le isole dei sogni impossibili” (Il Frangente 2022)

Il volume di Bottazzo non apre un percorso romantico con scenari da peace and love sui paesi che hanno rinunciato ad un esercito. 

Elenca i paesi che attualmente non hanno un esercito, spiegandone con rigore giornalistico le diverse motivazioni di tale scelta sempre realizzabile. 

E’ interessante notare come questa rinuncia sia stata e sia realizzabile e che i paesi disarmati non abbiano rischiato di essere aggrediti con le forze militari più di quelli armati fino ai denti. 

Indubbio il fatto che l’abbattimento delle spese militari sia andato a tutto vantaggio di investimenti in servizi fondamentali come l’istruzione, la sanità e la cura del territorio. 

Alcuni di questi paesi hanno rinunciato all’esercito costretti da potenze che ne imponevano strategicamente il disarmo, altri perché avendo un territorio molto piccolo non avrebbero nemmeno saputo quali spazi dedicare agli armamenti, altri ancora come la Costa Rica hanno abbracciato questa scelta dopo una terribile guerra civile ed hanno saggiamente investito tutte le risorse risparmiate nel miglioramento dell’istruzione e della sanità.

A chi obietta che in Costa Rica sono ancora lontani dall’avere una sanità pubblica eccellente ed una scuola pubblica di prima categoria si può rispondere col confronto tra il prima ed il dopo la smilitarizzazione e con gli altri paesi dell’America Centrale in cui le guerre sono ancora una realtà. 

Una cosa è certa, gli abitanti dei paesi senza armi interiorizzano tale realtà e ragionano e culturalmente e politicamente tenendone conto. Nessuno schieramento politico di destra o di sinistra inserisce nei propri programmi il ripristino di un esercito.

Interessanti i punti di vista che emergono dalle interviste di personaggi pacifisti provenienti da aree diverse. 

Pacifisti e nonviolenti da sempre, meteorologi impegnati eticamente, politici che guardano al futuro consapevoli che l’economia possa e debba tenere conto dei cambiamenti climatici e che sia urgente dare soluzioni economiche adeguate in un mondo di pochi ricchi sempre più ricchi e di poverissimi sempre più numerosi.

In un intervista Daniele Lugli dichiara di non avere risposte. Le risposte semplici non funzionano. Bisogna aggiungere sempre un piccolo passo, un ingrediente, un qualcosa che tutti, in base alle proprie capacità, possono fare.

Le domande che sono emerse a Milano chiedono soluzioni all’autore che naturalmente non può dare, ma che fanno riflettere tutti. 

Come si può tenere a bada l’istinto alla guerra dell’essere umano? 

Che risposte dare alla guerra di invasione Russa in Ucraina? 

Che senso ha parlare di ONU?

E se credente ora

che tutto sia come prima

perché avete votato ancora

la sicurezza, la disciplina,

convinti di allontanare

la paura di cambiare

verremo ancora alle vostre porte

e grideremo ancora più forte

per quanto voi vi crediate assolti

siete per sempre coinvolti,

per quanto voi vi crediate assolti

siete per sempre coinvolti.

Fabrizio De Andrè

di Grazia Satta

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