Dopo un nuovo cessate il fuoco tra India e Pakistan, raggiunto lo scorso 10 maggio grazie a una mediazione americana, il conflitto sul Kashmir torna al centro del dibattito internazionale. Sebbene la tregua abbia riportato la calma lungo la linea di controllo, la questione di fondo tra i due Paesi – entrambi dotati di armamento nucleare – resta irrisolta: la contesa sulla regione del Kashmir.

Il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha offerto la disponibilità americana a mediare una soluzione. Islamabad ha accolto positivamente la proposta, ribadendo la necessità che qualsiasi accordo si basi sulle risoluzioni del Consiglio di Sicurezza dell’ONU e garantisca il diritto all’autodeterminazione del popolo del Kashmir. Da parte sua, New Delhi ha respinto con fermezza l’idea di una mediazione esterna, sostenendo che si tratti di una questione interna.
Tuttavia, la posizione indiana ignora l’impatto regionale e globale del conflitto, come dimostrato anche dai recenti scontri, sebbene brevi. Va ricordato inoltre che, nel 1972, India e Pakistan firmarono l’Accordo di Simla, che prevedeva la risoluzione bilaterale delle controversie e riconosceva che la questione del Kashmir restava aperta. Oggi, però, quell’accordo viene ignorato da entrambe le parti: Islamabad non lo richiama nei dialoghi internazionali, mentre Nuova Delhi lo considera superato.
Dal 2019, con l’abolizione degli articoli 370 e 35-A della Costituzione indiana, il governo Modi ha revocato lo status speciale del Kashmir, integrandolo completamente nell’unione indiana. Questa mossa ha alimentato ulteriori tensioni e proteste, ma non ha cancellato il malcontento diffuso tra i cittadini della regione, che storicamente non hanno mai chiesto l’integrazione con l’India.
Trump, consapevole della riluttanza indiana a ogni intervento esterno, ha comunque lanciato un messaggio di disponibilità, suggerendo anche di rafforzare le relazioni commerciali con entrambi i Paesi come leva diplomatica. Washington, sebbene più vicina strategicamente all’India, considera ancora il Pakistan un partner chiave nella lotta al terrorismo. Escludere Islamabad significherebbe compromettere l’equilibrio degli interessi americani nella regione.
Nel corso degli anni, vari presidenti americani – da Clinton a Biden – hanno offerto mediazioni sul Kashmir, trovando sempre l’apertura del Pakistan e il rifiuto indiano. L’offerta di Trump, sebbene simbolica, ha almeno riaffermato la rilevanza della questione e l’importanza di tenere viva la diplomazia.
Il silenzio della comunità internazionale, unito alla mancanza di una strategia efficace da parte del Pakistan per portare la questione del Kashmir nelle sedi globali, ha lasciato la popolazione kashmira sempre più isolata. Ora, grazie alla recente de-escalation, Islamabad ha un’occasione per rilanciare il tema sul piano internazionale. Insistere sull’offerta di Trump potrebbe rappresentare una via per fare pressione sull’India e rimettere in discussione la sua posizione rigida. Per Trump, risolvere uno dei conflitti più complessi del mondo potrebbe persino valergli un riconoscimento storico.
Questo articolo rappresenta l’opinione di Tehmina Aslam, analista di Sicurezza Nazionale in Pakistan. È stato pubblicato da The Nation.