Il 13 giugno 2025, l’India ha deciso di astenersi su una risoluzione dell’Assemblea Generale dell’ONU, promossa dalla Spagna, che chiedeva un cessate il fuoco immediato a Gaza. Solo sei mesi prima, aveva votato a favore di una risoluzione simile. Questa scelta ha destato stupore e indignazione, perché rappresenta un chiaro allontanamento dalla tradizionale posizione indiana a sostegno della causa palestinese.

L’India è stata l’unico paese del Sud Asia, dei BRICS e dell’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai a non sostenere la risoluzione, approvata comunque con una larga maggioranza. Pochi giorni dopo, Israele ha attaccato l’Iran, proprio mentre erano in corso negoziati tra Teheran e Washington sul programma nucleare. Invece di condannare l’attacco, l’India si è limitata a chiedere “moderazione da entrambe le parti”, prendendo ulteriormente le distanze anche dalle dichiarazioni più dure rilasciate dai suoi alleati.
Un passato di solidarietà anticoloniale
L’India ha storicamente sostenuto la Palestina. Nel 1947 votò contro la divisione del territorio palestinese alle Nazioni Unite. Gandhi considerava la creazione dello Stato di Israele come un’imposizione coloniale sostenuta da USA e Regno Unito. L’India fu anche il primo paese non arabo a riconoscere ufficialmente lo Stato di Palestina nel 1988.
Ma dagli anni ’90, con le riforme economiche e l’apertura al libero mercato, le relazioni con Israele hanno iniziato a rafforzarsi. Dal 1992, sotto il governo di P.V. Narasimha Rao, i rapporti diplomatici si sono intensificati, segnando l’inizio di un progressivo allontanamento da posizioni ideologiche per favorire logiche di mercato.
Armi, porti e affari
Sotto i governi a guida BJP (dal 2014 in poi), l’alleanza con Israele è diventata ancora più solida. Tra il 2019 e il 2023, l’India ha rappresentato il 37% delle esportazioni di armi israeliane. Aziende legate al partito di governo, come il gruppo Adani, collaborano con l’industria militare israeliana per la produzione di droni usati a Gaza. Il gruppo Adani controlla anche il 70% del porto di Haifa, bersaglio recente di attacchi iraniani.
L’ideologia condivisa: Hindutva e sionismo
Il legame tra India e Israele non è solo economico. L’ideologia nazionalista indiana, Hindutva, condivide con il sionismo israeliano una visione etno-nazionalista ed escludente. Entrambe le ideologie vedono le minoranze, in particolare musulmane, come nemici interni. Le somiglianze si riflettono anche nelle leggi: l’India ha approvato nel 2019 una legge sulla cittadinanza che esclude i musulmani; Israele nel 2018 ha definito se stesso come “lo Stato nazionale del popolo ebraico”, riducendo i diritti delle minoranze arabe.
Una nuova Guerra Fredda?
Nel contesto della crescente rivalità tra Stati Uniti e Cina, l’India sta cercando di rafforzare i legami con l’Occidente. Fa parte del “Quad” insieme a USA, Giappone e Australia. Ma questa scelta comporta dei rischi: gli Stati Uniti sono stati storicamente vicini al Pakistan, anche durante periodi di tensione con l’India. Inoltre, hanno sanzionato aziende indiane che commerciavano con l’Iran.
Anche i rapporti con alleati tradizionali come Russia e Iran sembrano raffreddarsi. A maggio, l’India ha snobbato le celebrazioni del Giorno della Vittoria in Russia, inviando solo un ministro di basso livello, mentre accettava un invito dell’ultimo minuto al G7 in Canada.
Una scelta che isola l’India
Sostenere Israele in un momento in cui l’opinione pubblica mondiale lo condanna per le azioni a Gaza rischia di isolare moralmente e politicamente l’India. È una mossa che contraddice i valori anticoloniali, laici e umanitari su cui è nata la nazione indiana.
Molti vedono gli Stati Uniti come una potenza in declino. L’India dovrebbe quindi evitare di diventare un alleato subordinato dell’Occidente e tornare a essere una voce indipendente e solidale nel panorama internazionale. Un ruolo da protagonista nella costruzione di un nuovo ordine globale basato su cooperazione, sovranità e giustizia.
fonte peoplesdispatch
ET.