Recensione “Libere, Il nostro NO ai matrimoni forzati”

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“Presentiamo un libro sui matrimoni forzati scritto da una giornalista del Fatto: vieni a vedere?”. E visto che non potevo dire di no, ho detto di sì. Ripromettendomi di mordermi la lingua (se mai ci fossi riuscito) per non far fare figuracce a chi organizzava la presentazione. Cioè, capitemi: avete presente il modo in cui generalmente la stampa racconta certi temi? Avete in mente i titoli strillati? Ecco, immaginavo cosa aspettarmi.

E immaginavo male. Perché in realtà mi sono trovato davanti Martina Castigliani, una giornalista che, con la sua professionalità e sensibilità, con il suo rispetto per le persone e per gli argomenti che affronta, fa tornare la stima e la gratitudine nei confronti di un mestiere che in Italia troppo spesso tradisce sé stesso. E così mi sono ritrovato a comprare e leggere il suo libro, “Libere. Il nostro NO ai matrimoni forzati” (PaperFirst 2022, 217 pp., 17€).

Il libro dà voce a cinque ragazze che hanno rifiutato l’uomo scelto dalla famiglia. Gli dà voce, ma non gli dà nome, non gli dà volto, non gli dà nazionalità, non gli dà collocazione geografica: ogni dettaglio potrebbe mettere in pericolo le cinque testimoni. Nonostante questa assenza di dettagli, nonostante le “xxx” che ogni tanto interrompono il loro discorso, la forza delle cinque storie è tale da travolgere e appassionare e commuovere e pretendere una risposta.

Sono cinque storie d’amore. Di amore per un uomo, a volte. Di amore per la famiglia, sempre, nonostante le violenze subite e minacciate. Di amore per sé stesse e per la propria libertà, soprattutto. E sono cinque storie di consapevolezza, nata e cresciuta in modi diversi, ma sempre preziosa ed esemplare: parlano di sé, ma parlano di bisogni comuni a tutte e tutti noi.

Le testimonianze delle ragazze, insieme agli interventi di altre persone che si occupano più o meno direttamente di matrimoni forzati e a un prezioso inquadramento storico sulle leggi italiane, non sono fini a sé stesse. Il libro nasce, come recita la dedica, “per le altre”. E per le altre, per quelle che non sono riuscite a fuggire o che dovranno affrontare il dilemma nel futuro, il libro non si limita a raccontare il passato: propone soluzioni. E pretende, giustamente, risposte.

L’ambito di intervento individuato come prioritario è la scuola, un luogo dove bisognerebbe parlare di matrimoni forzati e degli strumenti che esistono per evitarli. “Quando andavo io a scuola – racconta Yasmine – nessuno me ne aveva parlato”. E, come sintetizza bene l’attivista italo-pachistano Wajahat Abbas Kazmi, “il dialogo deve iniziare prima, non quando hai le valigie già pronte sulla porta e hai solo due strade: scappare o sposare l’uomo che ti hanno scelto”.

Ma la scuola può muoversi in un ambiente sociale e politico che impone il silenzio? Che lo impone da destra perché le donne “altre” sono viste come un fastidio, un disturbo, se non addirittura come una sfida alla “civiltà occidentale? Che lo impone da sinistra perché le persone sono ridotte alla loro cultura di provenienza, o meglio all’immaginario occidentale sulla loro cultura di provenienza, e quindi, per una interpretazione razzista del concetto di anti-razzismo, non si possono criticare i meccanismi di oppressione sentiti erroneamente come “non nostri”?

E poi vale la pena informare le ragazze sui loro diritti, se poi le leggi e la burocrazia si rifiutano di tutelare quegli stessi diritti? La risposta resta un “sì”, perché ogni persona deve poter determinare sé stessa e il proprio futuro. Ma quel “sì” non basta.

E allora facciamo nostro l’appello di X, ragazza sfuggita alla famiglia, ma che, a differenza delle altri testimoni, “è tornata indietro”: “Ogni giorno aspetto dei segnali di apertura dai politici: noi siamo italiane, nate e cresciute qua. Siamo stanche di essere dimenticate, stanche di essere considerate straniere e stanche che voi giustifichiate le condotte dei nostri genitori dicendo ‘è la loro tradizione’. La tradizione che non rispetta i diritti va cambiata e io voglio cambiarla. Volete darvi una mossa? Non siamo fenomeni da circo da osservare con curiosità ogni volta che succede qualcosa di strano. Fate qualcosa, fatelo in fretta”.

Diamoci una mossa. In fretta.

di Pier Cesare Notaro

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