Attenti al lupo! ha da insegnarci tanto

Attenti al lupo! ha da insegnarci tanto

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L’articolo è scritto dalla nostra autrice, Grazia Satta.

Chi ha paura del lupo? Davvero è così pericoloso e aggressivo? Se volete una risposta alle vostre domande e sciogliere il terrore che per secoli ci hanno trasmesso le fiabe, venite a visitare La Riserva Naturale dei Ghirardi, dove un gruppo di rispettosi amici del lupo ci raccontano i suoi segreti.

Qualche informazione tecnica per non perderci nel bosco.
Siamo nella Riserva Naturale dei Ghirardi, un’area naturale protetta, estesa nei comuni di Borgo Val di Taro e Albareto, in provincia di Parma.


Istituita nel 2010, occupa una superficie di 370 ettari nella provincia di Parma.
Nel secolo scorso, fino agli anni ’60, l’area intorno a Case Ghirardi, per un’estensione di 600 ettari, era occupata da una riserva di caccia di proprietà della famiglia Marchini Camia.


La svolta avvenne quando la legge sulla caccia del 1979 consentì di creare oasi faunistiche e l’area venne trasformata in zona di protezione della fauna gestita dalla provincia di Parma.


La legge Galasso 431/85 aggiunse alla tutela della fauna anche quella del paesaggio, confermata poi dal Piano Territoriale Paesistico Regionale (PTPR) del 1993 che ne fece una zona di tutela naturalistica ex art. 25.
Nel 1996 entra a far parte del sistema delle Oasi e Riserve del WWF Italia, nel 2006 una parte del territorio viene inserita nella Rete Natura 2000 in Emilia-Romagna, per diventare infine Riserva Regionale Generale il 20 dicembre 2010.


Importantissima per la vita dell’oasi è l’opera dei volontari del WWF.


Le risorse economiche che finanziano questo progetto sono totalmente private. “Contiamo sui contributi di soci, aziende, fondazioni. Non usufruiamo di fondi pubblici. È una scelta che abbiamo fatto in maniera consapevole per preservare una certa indipendenza.” Dice Daniele Ecotti, presidente dell’associazione.

Siamo nella bellissima Val di Taro, tra la pianura Padana e il Mar Ligure, in un crocevia importantissimo per la biodiversità, dove arrivano le correnti umide atlantiche.


Qui ci sono oltre 760 specie di flora vascolare, circa 50 specie di mammiferi, 85 specie di volatili nidificanti, 84 specie di farfalle diurne, 300 specie di falene, 500 specie di funghi.


I pipistrelli sono oggetto di studi recenti per la cui conoscenza mancavano fino a quest’anno esperti sul territorio.


Un universo che convive in un equilibrio vitale, delicato e potente allo stesso tempo e nel quale il lupo ha un ruolo di primaria importanza, quasi un sovrano silenzioso e attento al territorio.
Questa star dei visitatori è protetta dalla Normativa Habitat del 1992 che ne evidenzia il ruolo fondamentale in questo ecosistema.


A Yellowstone, USA, il parco degli orsi Yoghi e Bubu, i lupi sono stati reintrodotti. In Europa invece si sono spostati con le loro zampe ed hanno ripopolato i boschi italiani, determinando una serie di cambiamenti importanti e vitali nei territori.

Ce ne parla un gruppo di esperti, quasi tutti scappati da realtà metropolitane nelle quali non riuscivano più a riconoscersi.


Provengono da ambiti culturali e lavorativi diversi e nell’associazione Io non ho paura del lupo hanno trovato un loro nuovo habitat nell’equilibrio della natura.


Sono Daniele Ecotti presidente e socio fondatore, Francesco Romito vice presidente e responsabile della comunicazione, Guido Sardella consigliere e socio fondatore Borgo Val di Taro, Elena Gabbi consigliera e socia fondatrice Borgo Val di Taro, Cristiana Solaro consigliera segreteria logistica, Chiara Alessandrini consigliera educazione ambientale nelle scuole.


Alcuni di loro si sono convertiti in allevatori, produttori di formaggi, di carne proveniente da animali allevati secondo le regole di una crescita sana e naturale, di succhi di frutta, di manufatti di lana purissima colorata in bagni di erbe diverse. Con queste attività sono diventati i custodi attivi di una biodiversità, perché, al contrario di ciò che si pensa, l’equilibrio ecologico richiede una cura continua ed un dialogo attivo fatto di ascolto e osservazione costruttiva tra tutti gli elementi che lo compongono.


In questo scambio il nostro lupo ha una voce importante.

La storia che raccontano due allevatori, Elena e Roberto, è appassionante e fa capire cosa significa dialogare con la natura e col lupo.
Con loro sono arrivati nella valle cavalli, pecore e maialini da latte e, diversificandosi le attività nel territorio, è aumentata l’urgenza di nuove competenze.
Ora era necessaria la cura dei pascoli e dei prati. Alla guida di un trattore hanno mantenuto in ordine un ecosistema sempre più vario e ricco.


Fare conoscenza con il lupo che qua viveva in un piccolo branco e che non aspettava altro che due sprovveduti allevatori potessero con i loro animali sfamarli a buon mercato, era una conseguenza inaspettata, per certi versi drammatica ma logica.


E qui comincia la loro fiaba con il lupo che, come in tutte le fiabe, sembrava l’incarnazione del male.
Prima sparisce una pecora, poi un’altra e infine anche una capra si volatilizza nel nulla.


Sparite tutte e tre senza una traccia. Un furto? Così pensano finché non trovano i resti della capra.
Elena e Roberto sono increduli: il lupo lo avevano incontrato da bambini nelle fiabe classiche, quelle che fanno tanta paura, ma della sua vera essenza non hanno alcuna idea.


“Al lupo al lupo!” è il grido che in genere si leva da parte di terrorizzati allevatori quando lo incontrano per la prima volta, che a volte del lupo sanno poco e quel poco spesso arriva da articoli allarmistici di giornalisti che, usando un lessico da guerra, fanno sì che lo si immagini come una bestia assassina, affamata di sangue, pericolosa e da combattere, ma che fa vendere i giornali.


Per loro non è così e vogliono approfondire il problema. Dopo lo stupore e i tanti punti interrogativi, bisogna trovare le soluzioni. I loro animali, che erano liberi dalla mattina alla sera, quando tornavano per la mungitura ora avrebbero dovuto avere delle regole nuove.


Il problema andava risolto e chiedere consiglio e aiuto è stato il punto di partenza.
La prima azione che hanno intrapreso è stata di recintare il pascolo con reti elettrificate e non di intraprendere una rabbiosa caccia armata contro il nemico.


Le reti, che richiedono un lavoro costante di un mettere e togliere quotidiano, funzionano, ma succede che una sera sono in ritardo nell’attivarle. Quando arrivano dalle pecore, per il controllo serale della recinzione, le trovano quasi ammucchiate una sull’altra, tanto erano vicine e belavano terrorizzate.


Elena e Roberto non pensano subito al lupo, ma mentre accompagnano il gregge al chiuso, si sentono osservati.Tutt’intorno c’erano occhietti sfavillanti nel buio e nel silenzio.
Saranno volpi? No, era un branco di lupi che osservava tutto. Ora erano loro ad essere studiati.
Una consapevolezza importante e nuova: il lupo c’è anche quando non lo vedi, è sempre dietro la tua porta e ti guarda.


La paura diventa una realtà ed è urgente instaurare un dialogo.
Cercano le soluzioni in Internet, scoprono parlando con la gente che nel territorio c’è un branco di cinque individui. Anche Elena e Roberto si muovono proprio come i lupi, senza far rumore, senza creare inutili e pericolosi allarmismi, non denunciano neanche la predazione.


Evitano di diffondere allarmismo e sensazionalismo.
Si mettono in contatto con un’altra azienda di allevamento cani in Abruzzo e tornano a casa con due cuccioli di pastore maremmano abruzzese.


La rete elettrificata prima, i pastori maremmani, eccezionali cani da guardiania poi, un’attenzione sempre molto alta, e da allora niente più predazioni e l’azienda, che ha un grande valore ecologico che va al di là del mero guadagno economico, può continuare l’attività con maggiore serenità.

Il lupo fa sempre meno paura.


Al nuovo equilibrio ora si aggiunge un altro elemento: i cani da guardiania.
Ora bisogna imparare a vivere con i pastori maremmani che sanno fare il loro lavoro straordinariamente bene, ma che possono spaventare, soprattutto i turisti che visitano l’oasi.


La soluzione è quella di mettere cartelli ovunque ed allargare la comunicazione.
La conoscenza e il dialogo sono importanti per tutti.


Il circolo di relazioni che si attiva attraverso la conoscenza del lupo e delle dinamiche con le quali si muove nel territorio non è molto diverso da quello di noi umani, che interagiamo in società anche noi spostandoci sulla superficie della terra, cercando i luoghi migliori per vivere, magari insieme ai nostri compagni di vita.
Il lupo è un animale intelligente e culturale, vive in un branco costituito da una coppia dominante monogama e dai cuccioli, due o tre in genere, in una struttura familiare stabile.


Non esiste il lupo alfa. Non si muove a caso nel territorio e cerca uno spazio adatto per stabilirsi, è notturno perché cerca di evitare incontri con altri esseri di cui ha paura, principalmente con l’uomo.
Sa comunicare anche con lupi di altri branchi e, se l’uomo è attento, anche con lui.
Educa i propri cuccioli. Esplora accuratamente i luoghi ed evita il contrasto con altri branchi presenti.
I cuccioli, di oltre un anno, ormai in età di riproduzione, si allontanano dal branco di origine ed entrano in dispersione.


Ora questi giovani adulti cercano un compagno o una compagna e insieme esplorano la possibilità di nuovi territori da colonizzare.
Sono dei grandi viaggiatori, in grado di coprire distanze di migliaia di chilometri. In Europa si muovono dall’Est fino alla Penisola Iberica.


Per ciò che riguarda l’economia del cibo invece, sono molto diversi da noi esseri umani. Noi siamo accumulatori e spreconi, loro mangiano ed, essendo carnivori, uccidono solo per fame.
È decisamente una grande sentinella per l’habitat.

In un mondo polarizzato in cui non c’è tempo per dubbi e riflessioni, il lupo ha tante cose da dirci.
Specchiando l’universo umano nel suo, capiamo tante cose che abbiamo dimenticato nel nostro progressivo allontanarci dalla natura.
Il libro Io non ho paura del lupo, scritto da Tommaso D’Errico, presenza importante nell’oasi, ci accompagna per mano nell’universo della natura, ci aiuta a superare le contrapposizioni ideologiche e ci ricorda che tutti siamo un elemento indispensabile di una natura in continua evoluzione e che vive grazie ai continui cambiamenti.


Ci ricorda che anche il concetto di natura che vive nelle nostre menti è soggettivo, frutto dei tanti condizionamenti culturali, delle fantasie che ci hanno accompagnato nella crescita e che dunque è ben lontano dalla realtà.


Che l’uomo non sovrasta l’universo e che spesso in questa presunzione crea danni quasi irreparabili.
Il lupo, temuto in modo eccessivo, ci ricorda i limiti del nostro agire e il fatto che tutti siamo un anello e niente più di una catena vitale in continuo mutamento, da rispettare e proteggere.

L’articolo è scritto dalla nostra autrice, Grazia Satta.

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