Negli ultimi mesi, centinaia di persone, in gran parte cittadini musulmani, sarebbero stati deportati dall’India al Bangladesh senza processo e in violazione delle leggi nazionali e internazionali. Secondo testimonianze e fonti locali, in diversi casi la polizia indiana avrebbe minacciato di sparare a chi si rifiutava di attraversare il confine.

Deportazioni forzate e senza tutele legali
Il governo indiano sostiene che si tratta di migranti irregolari provenienti dal Bangladesh. Tuttavia, secondo il governo del Bengala Occidentale, diverse delle persone espulse erano cittadini indiani bengalofoni con documenti validi. A essere colpiti sono stati anche rifugiati Rohingya registrati ufficialmente presso l’UNHCR.
«Invece di seguire procedure legali, l’India sta spingendo principalmente musulmani e persone a basso reddito verso il Bangladesh, senza alcun consenso», ha spiegato Taskin Fahmina, ricercatrice dell’organizzazione per i diritti umani Odhikar con sede a Dhaka. «È una violazione del diritto nazionale e internazionale.»
Un contesto politico sempre più teso
Il governo nazionalista indù di Narendra Modi è noto per la sua linea dura sull’immigrazione, soprattutto da paesi a maggioranza musulmana come il Bangladesh. Alcuni leader del partito di governo BJP hanno definito i migranti “termiti” o “infiltrati”.
L’ondata di espulsioni è aumentata dopo l’attentato del 22 aprile in Kashmir, costato la vita a 26 persone. Sebbene New Delhi abbia accusato il Pakistan, le tensioni si sono estese anche al confine con il Bangladesh, dove più di 1.600 persone sarebbero state respinte secondo fonti ufficiali di Dhaka. Altre stime parlano di oltre 2.500 deportazioni.
Voci dal confine
Rahima Begum, cittadina dello stato indiano dell’Assam, racconta di essere stata arrestata a maggio e poi costretta, insieme ad altri, ad attraversare il confine con il Bangladesh camminando nel fango al buio. «Ci hanno detto: ‘Se vi alzate, vi spariamo’», ha dichiarato.
Rientrata in India dopo che i militari del Bangladesh hanno rifiutato di accoglierla, ha ricevuto il consiglio di non parlare con nessuno.
Un altro testimone, Nazimuddin Mondal, ha riferito di essere stato preso a Mumbai, trasferito in aereo militare fino al confine del Tripura e obbligato ad attraversare. «Mostravo i miei documenti indiani, ma non volevano ascoltare», ha detto. Oggi ha paura anche solo a cercare lavoro.
Critiche da attivisti e giuristi
Secondo l’avvocato Sanjay Hegde, non è possibile deportare qualcuno senza che il paese di destinazione lo accetti ufficialmente. Le norme indiane prevedono un processo legale, ignorato in molti dei casi segnalati.
Il timore, condiviso da attivisti e membri della società civile, è che questa campagna colpisca in modo mirato i musulmani di lingua bengalese, specie nelle regioni governate dal BJP, usando il pretesto della sicurezza nazionale per portare avanti una politica discriminatoria.
fonte TRT, ET.