L’Iran ha duramente condannato l’attacco israeliano che ha colpito l’edificio della televisione di Stato (IRIB) a Teheran durante una trasmissione in diretta, definendolo un “crimine di guerra” e un’aggressione alla libertà di stampa. Ma in mezzo al caos e alle esplosioni, è emersa l’immagine potente di una giornalista che, nonostante lo shock e il pericolo, è tornata in onda pochi minuti dopo l’attacco, incarnando per molti iraniani la determinazione a non farsi mettere a tacere.

Lunedì 16 giugno, mentre commentava l’aggressione israeliana, la conduttrice è stata interrotta da una forte esplosione che ha fatto tremare lo studio. “Lo studio si sta riempiendo di polvere,” ha detto, prima di essere costretta a lasciare improvvisamente il set. La diretta è stata interrotta e sostituita da un programma preregistrato. Ma la sorpresa è arrivata subito dopo: il segnale è stato ristabilito e la stessa giornalista è riapparsa sullo schermo, visibilmente scossa ma determinata a continuare il suo lavoro. Per motivi di sicurezza, il suo nome non è stato diffuso, ma la sua immagine ha fatto il giro dei media iraniani, diventando simbolo della resilienza nazionale.

Secondo fonti iraniane, l’edificio dell’IRIB è stato colpito da un missile israeliano nell’ambito di un attacco più ampio contro presunti obiettivi militari e nucleari. Le autorità hanno denunciato l’atto come un tentativo deliberato di colpire la libertà d’informazione, e le Guardie Rivoluzionarie hanno definito l’attacco “disumano, criminale e terroristico”.
“Israele vuole mettere a tacere la voce della verità. Ma non ci riuscirà,” ha dichiarato un portavoce del Ministero degli Esteri iraniano. Hassan Abedini, dirigente dell’emittente, ha rincarato: “Pensavano di zittirci con un missile. Ma la voce dell’Iran non si spegne così facilmente.”
L’attacco ha avuto luogo in un momento di altissima tensione tra Iran e Israele. Venerdì, Israele ha lanciato un attacco a sorpresa contro la Repubblica Islamica, colpendo obiettivi strategici e uccidendo almeno 224 persone, tra cui alti comandanti militari, scienziati nucleari e civili. L’Iran ha risposto con lanci di droni e missili contro diverse città israeliane, tra cui Tel Aviv e Haifa, provocando almeno 24 vittime secondo fonti israeliane.
Nel mezzo di questa escalation militare, il ritorno in onda della giornalista iraniana è stato letto da molti come un gesto di coraggio e un messaggio: la guerra si combatte anche sul piano dell’informazione, e il giornalismo, pur sotto attacco, non arretra. In un momento in cui la propaganda e la censura rischiano di oscurare la realtà, quella voce spezzata ma ferma in diretta ha ricordato al mondo che la verità, spesso, resiste sotto le macerie.
La comunità internazionale osserva con crescente preoccupazione un conflitto che minaccia di trascinare l’intera regione in un vortice di instabilità. Ma intanto, a Teheran, una giornalista è diventata, suo malgrado, il volto di una battaglia più ampia: quella per la parola, per il diritto a raccontare anche nel mezzo della guerra.